Gente d'Italia

Il scommessa vinta dai clan camorristici in Campania, percepivano indebitamente il reddito di cittadinanza

 

 

 

 

Franco Esposito

 

Lo prendono molti non aventi diritto. Incassano i boss e i loro parenti. Compresi gli affiliati alle cosche campane. Reddito di camorra lo definisce infatti Simone Di Meo, giornalista, camorrologo profondo conoscitore di quel mondo che arrotonda i già cospicui guadagni con i soldi elergiti dallo Stato sotto forma di Reddito di cittadinanza. La denuncia è uno degli argomenti portanti dell’ultimo numero del magazine Panorama.

La camorra ringrazia i grillini, Il Paese di Bengodi costituito con il reddito di cittadinanza concesso dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e interrotto dai carabinieri. Ingrassate con quei soldi le piazze di spaccio e l’usura. Il Covid ha chiuso in Campania un’infinità di negozi. Il primo lockdown ha permesso ai furbetti di ricorrere alla cure assistenziali dello Stato. Scrive  Simone Di Meo: “Il premier Conte  era stato chiaro nelle interminabili maratone serali. Non lasceremo indietro nessuno”.

Sì, proprio nessuno, Neanche i clan vesuviani della camorra, accalappiati poi dai carabinieri di Torre Annunziata. L’accusa è “aver percepito il Reddito di cittadinanza non avendone i requisiti”. Coordinati dalla Procura locale diretta dal magistrato Nunzio Fragliasso, i carabinieri hanno scoperto che “i familiari dei boss più importanti della provincia di Napoli hanno richiesto in massa la card gialla, poche settimane dopo l’annunicio in tv del premier Giuseppe Conte”.

Noe marzo 2020, “non ci sarà più uan zona rossa, non ci saranno più zona uno e zona due, ma un’Italia zona protetta”, la solennità costruita, posticcia, nell’annuncio a rete unificate e sui social. I clan camorristici hanno preso molto seriamente le parole dell’allora premier, le hanno fatte loro. Si sono organizzati, evidentemente. Hanno firmato i moduli Inps, non potendo più svolgere le consuete attività criminali.

Come hanno operato e cosa hanno fatto i carabinieri di Torre Annunziata? Sequestrati conti bancari e postali per 220mila euro indagati venti familiari di boss di primo livello della camorra vesuviana, con l’accusa di “truffa e falso”. Il corpulento fascicolo comprende i nomi di esponenti della malavita campana: D’Alessandro di Castellamare di Stabia, De Luca, Bosso, Minichinii, Di Gioia Papale, Batti. Una famiglia o un cartello, quest’ultima, impegnatissima nella contesa per il potere camorristico con gli storici clan dei Gionta e dei Gallo-Cavaliere,

Nell’inchiesta sono finiti anche il padrino di Castellamare di Stabia, Sergio Mosca, e i parenti di Pasquale Cherillo. Attualmente detenuto per “associazione mafiosa, racket e detenzione illegale di materiale esplosivo. E tanti altri. Gli incartamenti forniscono indicazioni probanti, indirizzi destinati a provocare scombussolamenti e quant’altro nella camorra campana. I clan si sarebbero rivolti all’Inps pochissimi giorni dopo l’inizio del periodo di confine. Il boom delle richieste di accesso al Reddito di cittadinanza si è verificato tra novembre e dicembre, trascinandosi poi fino alla primavera del 2021.

Gli inquirenti napoletani hanno preso di mira da tempo i “raggiri legati al Reddito di cittadinanza”. In diciotto mesi sono stati scoperti 4.307 percettori “illegali di sussidio, tra cui rapinatori, parcheggiatori abusivi e malavitosi di piccolo e medio cabotaggio. Come il latitante Antonio Pezzella, affiliato al gruppo degli scissionisti di Scampia, sospettato di omicidio e occultamento di cadavere. Un caso limite, certo, ma non è il solo. Pur non reperibile, il Pezzella ha continuato a incassare il sussidio dello Stato. Anche per lui  i “grillini benefattori con i soldi altrui” avevano cancellato il concetto di povertà.

I camorristi hanno puntato sul covid, una loro scommessa. E hanno vinto, putuali poi nel passaree all’incasso. I bonifici hanno avuto come caratteristica la puntualità. Un fatto clamoroso, decisamente inedito, per le abitudini, gli usi e i costumi italiani, Bonfici da un minimo di 400 euro a un massino di 700. Poca roba, a fronte di quelli che sono i guadagni quotidiani dei clan camorristici. Un pentito ha rivelato che i D’Alessandro introitano 10 milioni di euro l’anno con il commercio della droga e le estorsioni.

L’informativa dei carabinieri cita inoltre “organizzazioni criminali che possono contare su decine e decine di aziende pulite, intestate a prestanome compiacenti che hanno il compito di riciclare il denaro sporco”.

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