Stefano Bonaccini (da YouTube)

Pd, allarme conti. "Il Pd non ha più un euro". Lo dice Bonaccini e c'è da credergli. Piove  sul bagnato: calo (vistoso) di iscritti, calo di quattrini. Crisi doppia: di tessere e di liquidità. E "il peggio deve arrivare", come profetizza il governatore emiliano, candidato gran favorito alla segreteria nazionale del Partito. Un momentaccio. Le previsioni sono francamente negative, inutile nasconderle: a settembre finirà la cassa integrazione ordinaria dei dipendenti. La campagna elettorale è costata molto ed ha prosciugato la cassa. Inoltre i versamenti dei parlamentari sono calati; si parla di circa mezzo milione di euro.

PD, PREOCCUPA PIÙ IL FUTURO DEL PRESENTE - I problemi si accumulano. Il bilancio 2023  stiracchia da tutte le parti. Strada facendo si sono persi voti, soldi, molti parlamentari. E alla fine dell'estate torneranno i dipendenti. D'accordo, non sono più i 180 del 2008 ma 120, cifra comunque robusta. O meglio: non 120 ma 95; 25 sono rientrati dai "distacchi" presso i ministeri . In ogni caso graveranno "in  toto" sulle casse del partito.  Quindi il disavanzo aumenterà.  Restano le spese di gestione a cominciare dall'affitto astronomico del Nazareno, che  costa 700 mila euro all'anno. Si aggiunga il caro bollette e tutte le altre spese strutturali e si comprende meglio  le preoccupazioni di Bonaccini

ADDIO AI VECCHI PROVENTI - Le cifre di un tempo sono un ricordo. Dati ufficiali non ce ne sono. Ma ad interpretare i sussurri del tesoriere Walter Verini, il senatore umbro fondatore del Pd (e Veltroniano doc) –  Verini , per inciso, faceva parte del quartetto che ha visitato in carcere Alfredo Cospito – c'è poco da stare allegri.

È vero che le entrate sono salite di 11 milioni ma le uscite sono schizzate molto in alto, ben oltre gli 11 milioni previsti. Il disavanzo è dunque all'incirca di un milione e mezzo. Colpa di una campagna elettorale anticipata che è costata 4 milioni di euro e che è finita messa a bilancio nel 2022 e non, come si pensava nel 2023.

IL PIANTO DELLE 20 FEDERAZIONI REGIONALI DEL PD - Il lamento è diffuso. Le federazioni regionali del Pd vivono del tesseramento e l'80% dei proventi delle tessere va a loro insieme al contributo degli eletti regionali e locali. Ormai le Federazioni  sono senza personale o quasi. Spesso addirittura senza  sede, come a Roma,  Perugia, eccetera. Non a caso, come scrive Ettore Maria Colombo, "tutti i candidati alla segreteria dem propongono il ritorno del finanziamento pubblico alla politica. Una proposta di legge in tal senso è stata presentata dal senatore  Andrea De Giorgis (docente universitario, già nel governo Conte) e Verini, in cambio di una piena attuazione dell'art. 49 della Costituzione.