Stefano Bonaccini (da YouTube)

C'eravamo tanto amati. La battaglia delle primarie, in casa Pd, sembra richiamare le stesse schermaglie già viste in tempo di campagna elettorale per le Politiche. Solo che lì era in ballo la poltrona di Palazzo Chigi. Nei gazebo del Nazareno, invece, si gioca la partita della leadership del partito. Insomma: l'eredità di Enrico Letta. E i contendenti, fino a prova contraria, sono entrambi iscritti Pd. E' il caso dei due principali pretendenti alla carica di segretario: Stefano Bonaccini, governatore emiliano e la parlamentare Elly Schlein, quest'ultima, data sorprendentemente avanti nei sondaggi. Ma "a qualcuno nel Pd piace vincere nelle interviste e nei talk show e poi si perde. Io preferisco che la destra non vada al governo ma che ci vada il Pd" ha detto Bonaccini a "Forrest" su Radiouno. Concetto poi ribadito a "L’Aria che Tira" su La7: "sarebbe presuntuoso pensare che si possa vincere solo perché ci si candida. Andiamo coi piedi per terra. Non contano sondaggi o previsioni conterà il voto degli elettori Pd nelle urne". Le differenze con la Schlein? "Quasi tutto il gruppo dirigente di questi anni sta con lei e non con me. Noi non dobbiamo allontanare nessuno, ne abbiamo allontanati troppi, dobbiamo richiamare. Ma il gruppo dirigente va assolutamente cambiato" ha quindi rincarato la dose il presidente della regione Emilia Romagna puntando il dito contro i cosiddetti "sponsor" della sfidante. Duro, a sua volta, l'affondo della deputata: "nessuno si senta padrone delle tessere, delle persone o delle donne. Basta con i capibastone, basta con i pacchetti di tessere, basta con quei territori in cui abbiamo visto un numero di iscritti al circolo maggiore dei voti presi alle ultime elezioni politiche. Questa roba non si deve più vedere. Non ci possono essere dei 'sultanati'. C’è una questione morale che si pone, e che ci deve vedere fare ogni sforzo, nel modo più rigoroso possibile, per eliminare queste pratiche, e che speriamo di monitorare perché non accadano anche alle primarie del 26 febbraio" ha sbottato la Schlein in un'intervista a Fanpage. Infine il vero "nodo della discordia" tra i due rivali: il giudizio sulla premier Giorgia Meloni. "non è una fascista, è capace", spiega il governatore. Certo "ha idee molto diverse dalle mie", ma sono troppi pochi mesi che è partita e "anche nelle critiche ci vuole misura" aggiunge. "Credo che Giorgia Meloni non abbia ancora trovato la postura nel nuovo ruolo. Il governo sta facendo male e in Europa rischia di isolarci gettandosi tra le braccia del gruppo Visegrad" la replica, seccata, della Schlein.