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di FABIO PORTA

Non è la prima volta, anzi succede sistematicamente. L'Inps pubblica un'importante circolare sulle pensioni che teoricamente potrebbe interessare anche gli italiani all'estero ma si dimentica di menzionare i nostri connazionali, i loro diritti e come usufruirne.

È successo di nuovo con la recente Circolare n. 27 – condivisa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali - che fornisce istruzioni sul pensionamento anticipato cd. "Quota 103", norma che riconosce, in via sperimentale per il 2023, il diritto alla pensione anticipata flessibile al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2023, di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 41 anni (perfezionabile anche con i contributi versati all'estero).

"Quota 103", ancorché con molte problematicità e ostacoli normativi e applicativi, potrebbe essere richiesta dagli italiani all'estero i quali pertanto vorrebbero capire cosa prevedono le norme e le regole per poterne usufruire. Ebbene nella circolare summenzionata non si riesce a trovare, neanche con il telescopio, un singolo riferimento alla sua applicabilità agli italiani all'estero, al perfezionamento dell'eventuale diritto, alle modalità di domanda. Niente, l'oblio assoluto. Eppure i nostri connazionali avrebbero diritto a essere informati sul meccanismo di cumulo con i periodi esteri di assicurazione, su come debba essere gestita all'estero la regola dell'incumulabilità della pensione anticipata flessibile con i redditi da lavoro dipendente e autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi, sulla cessazione del divieto di cumulo, sulla decorrenza della pensione, su come dimostrare di non superare all'estero l'importo massimo mensile corrispondente a cinque volte il trattamento minimo stabilito per ciascun anno, etc, etc.

In questo modo si scoraggiano i nostri connazionali dal richiedere un pro-rata di pensione che magari gli spetta anticipatamente e anche il lavoro dei patronati che dovrebbero interpretare (e magari contestare) il lavoro dell'Inps. L'ìgnavia rischia di diventare quindi la negazione di un diritto.