Depositphotos

Non funziona neppure la formula montanelliana del "Rieccolo", usata ai tempi d'oro per l'ennesima ricomparsa sulla scena politica principale d'Italia di Amintore Fanfani, il cavallo di razza della Dc. Quale interiezione usare per Claudio Scajola , 74 anni, imperiese, già ministro più volte nei governi Berlusconi, onorevole per quattro legislature, presidente del Copasir, uno degli "architetti" fondamentali di Forza Italia, già democristiano doc, battezzato da Paolo Emilio Taviani e dalla figlia di De Gasperi, berlusconiano genetico, e ora supercampione civico?

Il prossimo 14-15  maggio Claudio Scajola si ripresenta alle urne per il suo quarto mandato da sindaco della sua città, cercando una riconferma dopo cinque anni nei quali è stato primo cittadino ed è anche diventato presidente della Provincia di Imperia. 

L'ex leader, fedelissimo del Cavaliere, è già stato sindaco di Imperia negli anni Ottanta, sotto la bandiera della Dc, che dominava nella provincia bianca di Imperia. Il mandato era stato interrotto bruscamente da un clamoroso arresto in una inchiesta esplosiva che riguardava l'appalto del casinò di Sanremo, dove era in corsa, tra gli altri, il conte Borletti.

Accusa cancellata in istruttoria, ma dopo una dura detenzione a Milano. Negli anni Novanta Scajola, di chiara schiatta famigliare democristiana (anche il padre, amico di De Gasperi e il fratello, Alessandro, erano stati sindaci della loro città) torna nel ruolo cittadino principale, sotto una bandiera civica a governare la sua città, ignorando che quello sarà il trampolino di lancio della sua carriera a livello nazionale. 

Fa il sindaco così bene, da quarantenne rampante, che attira l'attenzione dell'appena lanciato Cavalier Silvio Berlusconi, per il quale organizza un riuscitissimo comizio a Sanremo. E' come un colpo di fulmine, che comporta l'adesione a Forza Italia per il Dc di ferro e una piena fiducia del Cavaliere nel nuovo amico, al punto da affidargli l'incarico di costruire lo statuto con il quale organizzare Forza Italia. Per Scajola, vero appassionato di politica e profondo conoscitore delle dinamiche di partito, è un compito impegnativo ma elettrizzante.

Il suo percorso berlusconiano sarà trionfante, ma anche interrotto non solo nel partito "azzurro", ma nella relativa importantissima  carriera di governo, dai ben noti incidenti in serie: la battuta a lui  attribuita su Marco Biagi il consulente del lavoro ucciso dalle Br, la casa con vista Colosseo, "comprata a sua insaputa" e, infine, la inchiesta sulla latitanza del deputato di Fi Amedeo Matacena, nella quale si becca la accusa di favoreggiamento e un secondo clamoroso arresto, ordinato dalla Procura di Reggio Calabria

Come un'araba fenice per tre volte Scajola, uomo forte, in certi momento fortissimo di Forza Italia, anche se non certo in sintonia con alcuni dei fedelissimi del Berlusca, come  Marcello Dell'Utri,  come un piccolo Napoleone cadde e risorse.

Caso unico nella storia si dimise due volte da ministro: dell'Interno per il caso Biagi, dello Sviluppo Economico per il caso della casa vista Colosseo a Roma, riuscendo però a tornare in sella. 

E cadde ancora, appunto, quando fu arrestato nell'inchiesta sulla latitanza di Matacena, accusato di associazione esterna alla mafia, che avrebbe favorito, agevolandone l'intenzione di rifugiarsi in Libano.

Tre, quattro volte nella polvere di scandali molto diversi e molto strumentalizzati e tre volte di nuovo in sella, come ministro dell' Attuazione del Programma, nel primo caso, poi come presidente del Copasir e infine, appunto come sindaco della sua città,"la città ideale", "la città futura", come l'ha battezzata

Scajola sembrava, in quegli anni di grandi battaglie frontali tra i berlusconiani e gli avversari,  tra i magistrati e lui, dotato di una corazza particolare, che poi consisteva in parte  nell'appoggio del Cavaliere in persona, ma anche nella sua forza personale-famigliare.

Da questo lavacro di salite, discese e risalite, con punti di grande successo, come nel 2000 il trionfo nelle elezioni regionali che portò alla caduta del governo D'Alema,  attribuito alla sua regia, lo Scajola "più piccolo", così definito, per ragione di età rispetto ai fratelli, da Taviani, che lo aveva indicato da giovanissimo come un predestinato nell'agone politico, è uscito trent'anni dopo e oltre con il ritorno a casa. 

La terza volta sindaco della sua città, quasi un quarto di secolo dopo, con una battaglia sotto una bandiera civica, contro tutti, contro i partiti e sopratutto contro il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ora suo alleato e sostenitore

E così per cinque anni  Scajola III ha rigovernato la sua città con una determinazione e una efficienza, sopratutto con una capacità di osservazione delle mutazioni del quadro politico rara per un uomo della sua età, della sua carriera, tornato a casa dopo il giro d'Italia. 

Certo, ci sono altri esempi, dal compianto Ciriaco De Mita, nella sua Nusco, al tutt'ora in carica Clemente Mastella a Benevento, ma nessuno di loro aveva precedenti di sindaco nella propria città.

Scajola, altro che Cincinnato, si è rimesso nel 2018 a riprendere le redini di una Imperia avviata a celebrare il centenario della sua fondazione, come se la pratica amministrativa locale fosse il massimo obiettivo, lui che era stato al Viminale e in vetta a Forza Italia, dominante nel Paese.

Ma la pista politica di questo uomo, così  radicato nel suo territorio, non era finita ed ecco, anno di grazia 2023, che scatta il quasi sicuro ennesimo mandato, con la sfida nuova e vecchia per conquistare ancora il Comune. 

Con una grande novità politica, che dimostra la capacità di cambio dell'uomo di fronte agli sconvolgimenti del quadro politico, i partiti meteora, le leadership liquide, le alleanze mutanti.

" Non voglio nessuna sigla di partito nelle liste che appoggeranno la mia candidatura, "_ ha annunciato per tempo Scajola, puntando a una riconferma che appare certa.

E il messaggio è diventato una specie di bomba nel centro destra ligure, dove Fratelli d'Italia, forte dei successi in Italia, ma anche in regione, ha preso quella determinazione come un affronto. Mentre Lega, Forza Italia e la lista targata Toti sono stati molto più pragmatici e "fluidi" nell'accettare di convergere sul candidato strafavorito, senza pretendere di sbandierare le sigle partitiche. 

Il ragionamento del probabile pentasindaco è lapidario, ma mostra una visione netta. "Nelle amministrazioni locali si vota la persona: questa è la realtà di oggi."

Nella ennesima sfida imperiese, che lo vede protagonista, il sindaco uscente e molto, molto probabilmente rientrante, sventolerà le sue bandiere civiche in un tripudio di colori apartitici,  contro sopratutto il candidato meloniano di Fratelli d'Italia, Luciano Zarbano un ex colonnello dei carabinieri. Mentre il resto del quadro politico si sta come frantumando. 

Il Pd ha dovuto superare divisioni interne tanto gravi da far intervenire la neo segretaria Elly Schlein e perfino l'Udc , partito minuscolo, si è spaccato. 

Insomma ancora una volta l'intuizione di Scajola sembra giusta davanti alla disintegrazione dei partiti. " Ho vinto cinque anni fa contro il centro destra e contro il centro sinistra _ ricorda il diretto interessato_ e ora corro con una sola bandiera: Imperia".

La presentazione della sua quarta candidatura comunale è stata uno show in stile americano, con comici, giovani cantanti e video sul riscatto di Imperia avviato da lui negli ultimi cinque anni e proiettato nei prossimi cinque anni con investimenti già avviati per 186 milioni e la proposta per una "città futura", piccola ma moderna, capace di sfruttare le sue potenzialità del clima, della posizione strategica, della bellezza naturale, della modernità di sviluppo.  Lui, circondato da moglie e figli, sotto gli occhi benedicenti di Toti, ha concluso citando niente meno che Mao, non male per un ex Berlusca: "C'è molta confusione sotto il cielo e allora bisogna scegliere bene chi amministra la propria città!".