Di Matteo Forciniti

Dopo il progetto preliminare per la costruzione del nuovo consolato di Montevideo viene il tempo dell'attesa con la fase esecutiva volto a scegliere lo studio di architettura per preparare l'opera. 

La burocrazia però ha i suoi tempi e si scontra con le necessità della propaganda che ha bisogno di azioni immediate e non può permettersi il lusso di aspettare tre anni. È in questo clima che, all'inizio del 2019, viene deciso di affittare un locale da destinare a uno sportello informativo: una soluzione precaria di emergenza in attesa che si concludano i lavori per la costruzione della faraonica palazzina.

Facendo seguito alle anticipazioni trionfalistiche del sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo, la proposta viene presentata dall'ambasciatore Gianni Piccato nel luglio del 2019 in un incontro alla Casa degli Italiani dove si evince già una contraddizione, una differenza sostanziale di vedute tra il diplomatico e il politico spesso in sintonia. Piccato ammette di essere stato inizialmente contrario alla scelta dell'affitto perché vuole lasciare dove sono i servizi di cittadinanza e passaporto che così vengono esclusi dal nuovo e polemico ufficio su cui si sprecano le interpretazioni: per lui è una sobria "decentralizzazione", per Merlo si tratta invece di un più trionfale "ampliamento". Chi mente tra i due?

Aldo Lamorte e l'ambasciatore Piccato (foto da Facebook)

Inform Italia -questo il nome dell'ufficio- ospita al suo interno due impiegati e serve solo per dare informazioni al pubblico e ricevere alcuni documenti. Secondo i calcoli previsti, "dovrebbe portare un risparmio del 40% sul totale di persone che si recano quotidianamente al consolato" che tradotto in numeri vuol dire una cifra tra le 20 e 30 persone.

Così come nel caso della costruzione -inutile senza l'aumento del personale- anche in questo caso la posizione della collettività italouruguaiana è fortemente contraria, da Montevideo all'interno del paese si respira abbastanza pessimismo al riguardo: i rappresentanti e i membri delle associazioni protestano, sono in tanti a considerare superfluo questo ulteriore investimento dello Stato italiano a Montevideo senza affrontare il problema alla radice per cercare di risolverlo definitivamente una volta per tutte dopo anni di rivendicazioni inascoltate.

Per affrontare l'urgenza del problema qualcuno all'interno della collettività propone possibili misure alternative come l'implementazione di un call center telefonico oppure l'allestimento all'interno dell'Ambasciata di un container per la sala d'attesa. Categorico e infastidito, nel corso dell'incontro alla Casa degli Italiani l'ambasciatore Piccato stronca queste ipotesi con poche parole: "Lei se lo vede un container dentro la sede dell'Ambasciata? Siamo seri per favore". Per il rappresentante diplomatico l'immagine dell'Italia in Uruguay rischierebbe di essere rovinata da un misero container, allora meglio spendere e spandere per la felicità di un partito, il Maie (Movimento Associativo degli Italiani all'Estero) che ci racconta un mondo meraviglioso in una favola a lieto fine.

Improvvisamente, il Ministero degli Esteri si ricorda dell'Uruguay dopo anni di abbandono, l'oscenità di una cancelleria consolare senza spazi viene magicamente risolta grazie all'insistenza di questo minuscolo partito politico argentino entrato nei palazzi del potere a Roma e che in poco tempo riesce magicamente ad ottenere non una, bensì due grandi conquiste: non solo la costruzione della nuova sede ma anche un nuovo locale per l'immediato.  

Solo per l'affitto mensile questo sportello informativo costa quasi 2mila dollari senza dimenticare tutte le altre spese collegate tra agenzia immobiliare, allestimento del locale, trasloco e sicurezza che fanno lievitare notevolmente i costi sommandosi così ai due milioni di dollari necessari per la costruzione.

Nell'agosto del 2019 finalmente si parte. Il primo ad arrivare in avenida Brasil per farsi immortalare sorridente al fianco dell'ambasciatore è l'immancabile Aldo Lamorte, lo stesso che da due anni è latitante nel Comites, l'organismo dove è stato eletto per difendere i diritti dei connazionali. "Inaugurazione del nuovo ufficio consolare a Montevideo. Si tratta di uno spazio di 200 mq, che si aggiungono ai 15 mq della stanza della attuale cancelleria consolare": la propaganda del Maie costruisce la sua prima epopea con una balla colossale amplificata dal portale Italia Chiama Italia (del portavoce del sottosegretario Merlo) che in questa storia ha il compito di diffondere le bugie in esclusiva. Poco dopo arriva la doccia fredda da parte della stessa Ambasciata che è costretta a precisare nel suo comunicato che si tratta di "un ufficio delocalizzato del consolato italiano", una cosa ben diversa dal fantomatico ufficio consolare sbandierato dal Maie.

Dall'entusiasmo iniziale Inform Italia si ritrova in un limbo: per oltre un anno, tra il giugno del 2020 e il luglio del 2021, lo sportello informativo rimane aperto al pubblico soltanto un giorno a settimana, ridimensionato e snaturato rispetto a quelle che erano le sue intenzioni originarie. È vittima della pandemia e della sfortuna, certamente, ma anche quando in Uruguay riapre tutto l'ufficio va ancora a rilento, bloccato da una perenne emergenza che sembra non finire mai. Chiuderà definitivamente i battenti nel maggio del 2022, tre anni dopo, con la finalizzazione dei lavori del nuovo immobile e un atroce dubbio: sono stati spesi decine di migliaia di dollari, ne è valsa la pena?

Fine terza parte

Continua

Prima parte: Gli annunci e le promesse

Seconda parte: Progetto preliminare e trasparenza solo per pochi intimi