Cateno De Luca

di GIOVANNI PIZZO

Sicilia contro corrente, Cateno De Luca contro i gattopardi, nuova speranza per i siciliani stanchi dei viceré ormai peraltro delabré.

Al tempo della regina che ha domato i Draghi, Giorgia la liberatrice di catene dei fratelli italiani, non tutto è vento di destra. C’è un vento di scirocco che viene da Sud e guarda con aria impunita a nord.

Il vento spira alle spalle dello Homo Sicilianus, un etnia che non si spaventa della sostituzione di altri popoli, perché li ha già integrati nel proprio DNA da millenni.

Il suo massimo rappresentante, l’uomo antropologico del DNA del siciliano è Cateno De Luca, neo Sindaco di Taormina. El CID Campeador in salsa sicula contro i Mori dei partiti nazionali, alla sua quarta città isolana conquistata.

Lui i partiti nazionali li frulla e se li mangia, non è solo atropologico ma anche antropomorfo. Cateno alla gente di Sicilia piace, lo vedono familiarmente vicino, orgoglioso, anche se rivendica umili origini, sfrontato e guascone. Il suo folklore, la sua grande vena istrionica è catalizzatrice di consensi. Alle regionali, andando da solo, è arrivato secondo,
prima del centrosinistra.

A questo turno amministrativo ha fatto sua la Perla jonica, la Taormina baciata dagli dei, sovrastata da Efesto dentro l’Etna, affacciata su un mare da incanto lo Jonio greco. È sicuramente la meta più conosciuta a livello internazionale, e lui ha deciso di prendere questa antica roccaforte e farci la capitale del Regno deluchiano.

Cateno ha un nome evocativo da Madonna della Catena, diffuso prevalentemente nel messinese. È un nome evocativo di Maria, Nostra Signora della Catena, colei che può sciogliere i vincoli della nostra vita. In questa perifrasi religiosa c’è la suggestione di Cateno De Luca.

Un predestinato che da ultimo anello della catena può svincolarci dai legami che inchiodano la Sicilia all’afasia, a quel vittimistico parlarsi addosso perché nulla cambi, o tutto cambi per rimanere com’è. Culturalmente Cateno, figlio prediletto del popolo è l’anti Tomasi di Lampedusa, simbolo di una nobiltà sconfitta dalla storia che ha ceduto ai Sedara di cui è
ancora comandata ai giorni nostri.

Cateno non si sente vittima di un passato antico e vuole sparigliare il gioco che fa vincere sempre gli stessi capobastone. Scomodare i Vespri o i Fasci siciliani può risultare eccessivo ma non così peregrino. I siciliani che faticano e lavorano sono stanchi di essere soggiogati da caste braminiche di viceré del potere ormai delabrè. Cateno è il futuro dell’isola?
Cosi è se vi pare diceva Pirandello