di LORENZO BRIOTTI

“Abbiamo ancora tempo fino al primo agosto per finalizzare” l’intesa sui dazi con gli Stati Uniti, “quindi i negoziati sono in corso” e “sono certo che la conclusione sarà chiara. Vogliamo un accordo, ma deve essere un accordo equo”. A dirlo è il ministro degli Esteri della Danimarca, presidente di turno Ue, Lars Lokke Rasmussen, all’arrivo al Consiglio Ue Commercio, evidenziando che “mantenere l’unità” tra i Ventisette “è l’aspetto più importante”. “Se ci troviamo di fronte a dazi ingiustificati, dobbiamo essere pronti a reagire”, ha aggiunto il ministro.

“Siamo 450 milioni di cittadini nell‘unione doganale europea e questo ci dà un forte potere negoziale. Vogliamo un’intesa, ma ‘se vuoi la pace, prepara la guerra’”, ha sottolineato Rasmussen, ribadendo la necessità di essere “pronti a usare tutti gli strumenti a disposizione nella cassetta degli attrezzi” dell’Ue.  “Dovremmo quindi prepararci non solo all’attivazione” della prima lista di controdazi congelata fino al primo agosto, ma anche a “nuove” contromisure, ha spiegato.

Le contromosse dell’Unione Europa

L’Unione Europea tratta ma prepara le sue contromosse che prevedono controdazi per un valore che si aggira intorno ai 90 miliardi. Oltre a questo è pronta ad usare il “bazzoka” contro le Big Tech Usa, ed anche la cosiddetta “arma nucleare” dell’anti-coercizione chiesta dal presidente francese Emmanuel Macron, ed approvata nel giugno del 2023 dal Parlamento e dal COnsiglio europeo, che prevede limitazioni commerciali e restrizioni per investimenti e finanziamenti.

I controdazi da 21 miliardi

Le prime risposte Ue ai dazi mirati di Trump valgono poco meno di 21 miliardi di euro e sono state annunciate lo scorso 12 marzo dopo che l’amministrazione Usa ha reintrodotto dazi del 25% sia sull’acciaio che sull’alluminio europeo.

In risposta, l’Ue ha approvato un pacchetto articolato in tre fasi che colpirebbe prodotti simbolo Usa e settori politicamente vicni all’attuale inquilino di Washington: un primo scaglione da 3,9 miliardi prenderebbe di mira prodotti iconici come le moto Harley-Davidson, i jeans Levi’s, il burro d’arachidi, il tabacco e una selezione di articoli per la cura della persona. A questi si aggiungerebbero dazi su acciaio, elettrodomestici e tech leggero.

Una seconda e una terza tranche da 13,5 e 3,5 miliardi colpirebbe carni e pollame dal Midwest, legname del Sud, cereali, fast-foodmoda, cosmetici e la soia della Louisiana. Von der Leyen ha già chiarito che questo pacchetto, al momento è congelato. In origine era stato approvato per entrare in vigore il 19 luglio.

Il pacchetto da 72 miliardi

C’è però un secondo pacchetto Ue da 72 miliardi di euro deciso come  risposta ai dazi “universali” del 10% annunciati dalla Casa Bianca tra il 5 e il 9 aprile (se approvato anche questo si avrebbero dei controdazi da poco più di 90 miliardi). Queste seconde contromisure che in origine erano molto più dure prima di essere limate al ribasso, riguarderebbero un mix di beni industriali, prodotti agroalimentari e di alta gamma. Si passa dal bourbon del Kentucky alle aragoste del Maine, passando per agrumi, cosmetici e moda. La lista è in fase avanzata di approvazione da parte degli Stati Ue ed anche questa, al momento, è congelata.

Cosa rischiano le Big Tech Usa

Come detto, l’Ue potrebbe colpire i servizi digitali delle Big Tech Usa che dominano il mercato europeo e mondiale. Lo potrebbe fare con delle accise digitali su pubblicità o intermediazioni, o estendendo una Digital Service Tax comunitaria che esiste già in diversi Paesi. Le grandi piattaforme online americane temono proprio questo, ossia che Bruxelles applichi fino alle estreme conseguenze questa tassa che impone obblighi su trasparenza, concorrenza e moderazione dei contenuti. In caso di violazione ci sarebbe l’esclusione dal mercato europeo e multe fino al 10% del fatturato globale annuo.