di ENZO GHIONNI
Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria ha recentemente pubblicato i decreti con cui sono stati riconosciuti una serie di contributi alle imprese editoriali e alle emittenti radiotelevisive. In particolare, è stato pubblicato l’elenco dei fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali che hanno percepito i contributi per gli investimenti in tecnologie innovative. A questa tipologia di imprese è stato riconosciuto un contributo complessivo di circa 15 milioni di euro. La parte del leone l’ha fatta Reti Televisive Italiane della famiglia Berlusconi con un contributo di 9.884.995 euro, seguita da Sky con un contributo di 1.843.364 euro e da La7 di Umberto Cairo con un contributo di 1.741.919 euro. Le altre sette emittenti ammesse, quindi, hanno complessivamente fruito di un contributo di circa 1,3 milioni di euro. Il fondo per le imprese editoriali, per la stessa tipologia di contributo, ammontava invece a 10 milioni di euro e, visto che il fabbisogno complessivo è stato pari a 16.509.737 euro, si è provveduto a una ripartizione proporzionale. Hanno avuto accesso a questa misura 55 imprese, ma anche in questo caso due soggetti hanno assorbito molte risorse: si tratta del gruppo Gedi che ha usufruito di un contributo di 1.700.309 euro e del gruppo Rizzoli che ha diritto a un contributo di 2.101.179 euro. Distante il Gruppo Sole 24 Ore che ha diritto a un contributo di 480.209 euro, affiancato dal gruppo Futura della CGIL che ha diritto a un contributo di 739.291 euro. Nell’ambito di questo fondo anche le agenzie di stampa hanno assorbito risorse importanti, in quanto all’Agenzia Giornalistica Italia compete un contributo di 709.017 euro, all’ANSA un contributo di 751.055 euro e all’Adn Kronos un contributo di 358.978 euro. In altri termini, sette imprese assorbono circa il 70 per cento dell’intero fondo. Recentemente è stato anche pubblicato il decreto con il quale è stato riconosciuto il credito d’imposta per l’acquisto della carta, cui è stato destinato uno stanziamento di 60 milioni di euro che si è rivelato superiore rispetto al fabbisogno di 49.421.156 euro. A Cairo Editore è stato riconosciuto un contributo di 4.493.755 euro, al Sole 24 Ore un contributo di 1.052.876 euro, a Editoriale Nazionale un contributo di 2.129.743 euro, al Messaggero un contributo di 722.464 euro, a Gedi 5.240.469 euro e, infine, al gruppo RCS – che fa sempre riferimento a Umberto Cairo – un contributo di 7.858.185 euro. Anche in questo caso la distribuzione delle risorse, per quanto lineare ossia in funzione di dati oggettivi, favorisce le imprese di grandi dimensioni. Il punto che meriterebbe una riflessione politica, ma di quella seria, è che il fondo per il pluralismo dovrebbe favorire la diversità e, quindi, dovrebbe essere orientato a sostenere le imprese che non riescono a stare su un mercato che da sempre tende alla concentrazione. Inoltre, molte delle grandi imprese che percepiscono questo tipo di contributi sono quotate in Borsa e dividono tra gli azionisti i dividendi, non essendoci alcun vincolo circa la destinazione successiva di fondi derivanti da risorse pubbliche. La crisi dell’editoria e dell’informazione in generale richiede una riforma che è da anni e da più parti invocata, ma che non decolla per l’assenza di un interesse generale ad affrontare un punto cruciale per la democrazia nel paese. Le imprese da sole non reggono il mercato e questa è oramai una consolidata certezza. Ma sarebbe necessario capire quali tipi di imprese e di informazione sostenere