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di PIERO BONITO OLIVA

ROMA – Francia e Regno Unito hanno annunciato l’intenzione di riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina, entro l’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre. Una mossa che segna una svolta storica e simbolica. Ma cosa vuol dire davvero riconoscere uno Stato?

In termini diplomatici, significa stabilire relazioni ufficiali con un’entità statuale dotata di sovranità e legittimità. Nel caso palestinese, vuol dire conferire pieno status internazionale all’Autorità Nazionale Palestinese, pur in assenza di un territorio definito e di un vero processo di pace.

Ma basta un annuncio per cambiare il corso del conflitto? Tra gli analisti, prevale lo scetticismo: senza passi concreti sul terreno — tregua, confini, fine dell’occupazione — il rischio è che il riconoscimento resti una dichiarazione d’intenti priva di conseguenze reali.

Il Regno Unito, per anni cauto su questo tema, ha cambiato linea dopo forti pressioni interne (oltre 200 deputati laburisti favorevoli al riconoscimento) e sollecitazioni esterne, soprattutto dalla Francia.

Come racconta il Manifesto, Macron ha scommesso sul riconoscimento sperando di trascinare Londra e Berlino, rafforzando l’asse europeo per la pace in Medio Oriente. La scommessa sembra aver funzionato: Starmer, finora esitante, ha ceduto. Ma il gesto è vincolato a condizioni: Israele dovrà fermare l’operazione militare a Gaza, accettare un cessate il fuoco e rinunciare all’annessione della Cisgiordania; Hamas, da parte sua, dovrà rilasciare gli ostaggi e rinunciare al potere su Gaza.

Il problema, però, è proprio qui: il riconoscimento viene usato come leva negoziale, più che come affermazione di principio. Un “se – allora” che rischia di svuotare di forza politica la decisione.

ISRAELE: “NON CI SARÀ UNO STATO JIHADISTA”

La risposta di Tel Aviv non si è fatta attendere. Il premier Benjamin Netanyahu ha definito la scelta britannica “un premio al terrorismo di Hamas” e ha promesso che “uno Stato jihadista al confine non ci sarà”.

Nel frattempo, il Parlamento israeliano ha approvato una mozione (non vincolante) per l’annessione di porzioni della Cisgiordania. Il ministro delle Finanze Smotrich ha invocato la ricostruzione degli insediamenti israeliani a Gaza, sgomberati nel 2005. E il governo discute piani per mantenere un controllo permanente sulla Striscia, ostacolando ogni ipotesi di uno Stato palestinese autonomo.

“IL RICONOSCIMENTO NON PUÒ ATTENDERE”

Come ha spiegato Pasquale Ferrara, ex direttore degli Affari Politici della Farnesina, in un’intervista a la Repubblica: "Il riconoscimento non dovrebbe essere legato a condizioni esterne. Non si può più aspettare. Le dichiarazioni sono importanti, ma non efficaci se non sono corredate da azioni concrete".

Ferrara invita l’Italia a non restare spettatrice. Secondo lui, un’eventuale adesione di Germania e Italia al riconoscimento potrebbe rappresentare il punto di svolta negoziale (“il game changer”) che l’Europa non ha mai avuto il coraggio di attivare.

E L’ITALIA?

L’Italia, al momento, rifiuta l’idea di un riconoscimento unilaterale. La premier Giorgia Meloni lo ha definito “una mossa affrettata e controproducente”. Il ministro degli Esteri Tajani sostiene che la Palestina dovrebbe riconoscere Israele “in parallelo”.

Ma Ferrara ribatte: “Chi rappresenta i palestinesi oggi, ovvero l’OLP e l’ANP, ha già riconosciuto Israele nel 1993. È Israele, ora, che dovrebbe fare lo stesso”.

L’Italia, per collocazione geografica e tradizione diplomatica nel Mediterraneo, avrebbe secondo l’ex ambasciatore l’occasione per esercitare un’influenza costruttiva, e non semplicemente inseguire le posizioni di altri.

QUANTI STATI RICONOSCONO LA PALESTINA?

Ad oggi, 143 dei 193 Stati membri dell’ONU riconoscono ufficialmente lo Stato di Palestina (dato aggiornato al 2024).

Tra i paesi europei, lo hanno già fatto: Spagna, Irlanda, Svezia, Norvegia, Slovenia, Malta, Cipro, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e BulgariaFrancia e Regno Unito hanno annunciato l’intenzione, ma non l’hanno ancora formalizzato. Italia e Germania, per ora, restano fermi.

SIMBOLO O SVOLTA?

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è un atto dirompente a livello politico e simbolico, ma se non seguito da pressioni multilaterali, sostegno umanitario, impegni chiari per il negoziato, rischia di restare un titolo senza contenuti.

La domanda è giusta: cosa vuol dire davvero riconoscere la Palestina? La risposta, al momento, è ancora tutta da scrivere.