di PIERO BONITO OLIVA
ROMA – Una porta che bussa due volte, la sensazione che qualcosa stia per accadere, poi il buio di un cappuccio calato sulla testa. Così comincia, il 19 dicembre scorso, la prigionia di Cecilia Sala a Teheran.
La giornalista – collaboratrice del Foglio e voce di Chora – ricostruisce nell’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera le tre settimane trascorse nel carcere di Evin, accusata di spionaggio. Un’esperienza estrema, oggi al centro anche del suo nuovo libro ‘I figli dell’odio’ (Mondadori).
L’impatto con la prigione è traumatico: “Ti spogliano, ti fanno fare lo squat nuda. Sul pavimento, sotto il metal detector, sono dipinte le bandiere americana e israeliana che sei costretta a calpestare. Gli uomini vengono picchiati sistematicamente, le donne a volte bastonate. A me non è accaduto, ma nella mia cella c’era una grande macchia di sangue: apparteneva alla donna che c’era prima. La sentivo sbattere la testa contro la porta blindata, nel tentativo di uccidersi”.
La cella è un loculo di due metri senza letto né materasso, solo un secchio d’acciaio per i bisogni. “La luce è sempre accesa, il tempo si dilata. Ti sembra passata un’ora, invece sono dieci minuti. È tutto studiato per spezzarti. Una tortura bianca”.
GLI INTERROGATORI
Gli agenti cercano di spingerla a confessare di essere una spia. «Volevano che lo ammettessi, così avrei avuto un “valore” maggiore in eventuali scambi. Ma conoscevo il caso di un iraniano-svedese: dopo due anni ha confessato il falso ed è da otto anni nel braccio della morte a Evin. Se ti pieghi, è finita”.
Gli interrogatori sono condotti con abilità, c’è persino chi parla italiano perfetto. Un giorno le mostrano una gru: “È quello che facciamo alle spie”, le dicono.
LA LIBERAZIONE E IL RITORNO A CASA
Dopo 21 giorni di prigionia, Cecilia Sala viene liberata. “Ringrazio i miei genitori, i servitori dello Stato e la premier Giorgia Meloni”, dice nell’intervista. Sulle polemiche seguite al rientro – come le accuse di Bruno Vespa per non aver ringraziato subito la presidente del Consiglio – ha risposto direttamente sui social.
E nonostante l’incubo, la giornalista non esclude di tornare: “Sono sicura che prima di andare in pensione ci tornerò. E nel frattempo, la Repubblica islamica sarà caduta”.