di CLAUDIA MONTANARI
Da semplice abitudine quotidiana ad alleato per la salute: il caffè torna al centro dell’attenzione grazie a una nuova revisione di studi pubblicata sulla rivista Biochemical Pharmacology. Secondo gli esperti, consumare regolarmente questa bevanda non solo riduce il rischio di sviluppare diverse malattie epatiche, ma può anche rallentarne la progressione. Il segreto starebbe nel mix complesso di composti bioattivi che il caffè contiene, in grado di agire su più livelli: antiossidante, antinfiammatorio, antifibrotico e persino di supporto al microbiota intestinale.
Gli effetti del caffè sul colesterolo e sugli enzimi epatici
Uno degli aspetti più interessanti messi in luce dalla revisione riguarda l’impatto del caffè sugli enzimi del fegato, indicatori chiave della salute epatica. Chi beve regolarmente caffè presenta livelli più bassi di AST, GGT e ALT, enzimi che tendono ad aumentare in presenza di danni epatici, spesso legati ad alcol o cattiva alimentazione.
Non solo: due tazze di caffè al giorno sembrano ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare MASLD(Metabolic dysfunction-Associated Steatotic Liver Disease), la più diffusa patologia cronica del fegato a livello globale.
Perché il caffè protegge il fegato
Il caffè è molto più della caffeina. Al suo interno si trovano polifenoli, acido clorogenico e flavonoidi come l’esperidina, composti che hanno dimostrato proprietà benefiche rilevanti.
Gli studi hanno individuato cinque aree principali in cui queste sostanze esercitano i loro effetti:
- contrasto allo stress ossidativo, una delle cause principali del danno cellulare al fegato;
- riduzione dei processi infiammatori che accelerano la progressione della malattia epatica;
- effetto antifibrotico, utile per limitare la cicatrizzazione del tessuto epatico;
- miglioramento del metabolismo, soprattutto per quanto riguarda i grassi;
- supporto all’equilibrio del microbiota intestinale, sempre più collegato alla salute del fegato.
Epatite C, cirrosi e tumore: i benefici più rilevanti
Uno dei dati più solidi riguarda le persone affette da epatite C. In questo gruppo, chi consuma regolarmente caffè sviluppa con minore frequenza forme gravi come la fibrosi e la cirrosi. Inoltre, il rischio di carcinoma epatocellulare, il tumore primario del fegato, risulta più basso nei consumatori abituali di due tazze al giorno.
Anche per chi soffre di malattie epatiche legate all’alcol, il caffè sembra avere un effetto protettivo, migliorando alcuni parametri ematici e rallentando i processi di degenerazione cellulare.
Quante tazze di caffè al giorno sono consigliate?
La revisione conferma che gli effetti benefici del caffè sono dose-dipendenti. In media, il consumo ottimale si colloca tra le 2 e le 4 tazze al giorno, equivalenti a circa 400 mg di caffeina. Tuttavia, la tolleranza varia molto da persona a persona: chi soffre di ansia, disturbi del sonno o patologie cardiache può avvertire effetti collaterali anche con quantità più basse.
Gli esperti avvertono che superare le 5 tazze quotidiane può avere un effetto opposto, con un aumento dei livelli di colesterolo LDL e disturbi correlati. L’equilibrio resta dunque la chiave.
Il caffè come parte di uno stile di vita sano
Se è vero che il caffè può essere un alleato del fegato, è altrettanto vero che i benefici maggiori si ottengono quando viene inserito in un contesto più ampio di corretti stili di vita: alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e consumo moderato di alcol.
Il caffè, insomma, non è una cura miracolosa, ma può rappresentare un valido supporto naturale. I ricercatori sottolineano che il prossimo passo sarà quello di avviare nuovi studi clinici controllati per approfondire i meccanismi molecolari individuati e capire come sfruttarli anche in ambito terapeutico.
I benefici per cuore e metabolismo
Gli effetti positivi del caffè non si fermano al fegato. Alcune ricerche hanno evidenziato benefici anche per la salute cardiovascolare, grazie alla capacità di ridurre l’infiammazione e migliorare il profilo lipidico. In molti casi, chi beve caffè moderatamente ha anche un rischio più basso di diabete di tipo 2.
Naturalmente, la prudenza resta fondamentale: ogni persona ha una diversa sensibilità alla caffeina e alcuni farmaci possono interagire con il caffè, rendendo necessaria la supervisione medica.