Oggi nelle edicole della Campania mancano le copie di tre quotidiani locali, Il Roma, Metropolise Il Sannio Quotidiano. Le copie sono state rubate nella notte da un commando armato che ha assaltato il furgone della distribuzione. Un episodio grave, dai contorni ancora da chiarire, che riporta in primo piano la condizione di vulnerabilità in cui operano le piccole testate locali, spesso costrette a muoversi in territori difficili, tra pressioni economiche, ambienti opachi e una cronica mancanza di tutele.
Secondo quanto denunciato dal presidente della Federazione Italiana Liberi Editori (FILE), Roberto Paolo, il furgone che trasportava le copie appena stampate dai tre quotidiani è stato intercettato intorno alle tre del mattino da quattro uomini incappucciati e armati. Il mezzo, diretto dal centro stampa di Caserta al deposito regionale di Roccarainola, è stato bloccato davanti ai cancelli dell’agenzia di distribuzione Di Canto Spa. I malviventi, incuranti delle telecamere di videosorveglianza, hanno svuotato il furgone e lo hanno poi abbandonato a Casalnuovo di Napoli. Per il presidente della FILE si tratta di “un episodio di gravità inaudita che testimonia ancora una volta quanto sia difficile e rischioso fare informazione libera e indipendente nel Meridione d’Italia”. Parole che colgono perfettamente il nodo della questione: nei territori dove la cronaca si intreccia con l’illegalità e la politica locale, la stampa è spesso lasciata sola.
Non è ancora chiaro se si tratti di un’intimidazione, di un furto pianificato o di un atto criminale con finalità più ampie. Ma resta il fatto che oggi questi giornali non sono arrivati in edicola. E questo basta, da solo, a definire la portata simbolica del gesto: colpire la distribuzione di un quotidiano significa interrompere, anche solo per un giorno, il diritto dei cittadini a essere informati. Il presidente della FILE ha espresso piena solidarietà “alle redazioni e alle maestranze della filiera che ogni giorno e ogni notte lavorano per garantire il diritto dei cittadini a ricevere la copia del proprio giornale”. È un richiamo che va oltre l’episodio contingente: l’informazione non è solo un bene economico, ma un servizio pubblico essenziale. E come tale deve essere protetta.
Dietro la cronaca di una rapina c’è la fotografia di un sistema che sopravvive tra mille difficoltà. I piccoli giornali locali – quelli che raccontano i consigli comunali, le udienze di tribunale, le inchieste sui territori – vivono in equilibrio precario. Senza la forza economica dei grandi gruppi, spesso sostenuti da inserzioni pubbliche o partnership istituzionali, queste redazioni mantengono viva una rete di cronisti e distributori che, con risorse minime, tengono in piedi il pluralismo dell’informazione.
Eppure sono proprio loro i più esposti. Un furgone che parte nella notte per portare i giornali alle edicole rappresenta l’ultimo anello di una catena che inizia nelle redazioni e termina nelle mani dei lettori. In mezzo ci sono lavoratori che operano spesso senza visibilità, ma che garantiscono ogni giorno un diritto costituzionale. Eppure, quando accade qualcosa come oggi, la reazione del sistema resta flebile, confinata a poche righe di cronaca.
L’episodio di questa notte pone una domanda semplice ma inevitabile: chi garantisce la sicurezza di chi produce informazione?
La speranza è che le forze dell’ordine facciano rapidamente chiarezza sull’accaduto. Ma, al di là delle responsabilità specifiche, la rapina di stanotte rivela ancora una volta quanto sia fragile il tessuto dell’informazione locale.
In un Paese dove spesso si celebra la libertà di espressione solo quando viene minacciata in modo spettacolare, da giornalisti che si autocelebrano come oppositori delle criminalità, nei talk show o sui grandi giornali, esiste un’altra verità. Quella di giornalisti e giornali che senza distintivi e etichette di legalità combattono ogni giorno per raccontare quello che succede sui territori, minacciati quotidianamente per la loro attività.
E ricordarlo oggi, davanti a tre quotidiani campani che non sono arrivati in edicola, è un modo per dire che la libertà di stampa comincia molto prima della prima pagina.
