di ENRICO PIRONDINI
L’autunno alle urne si conclude domenica e lunedì prossimi con le ultime tre regioni chiamate al voto: Campania, Puglia, Veneto. Dopo le votazioni di settembre (Valle d’Aosta, Marche, Calabria) e di ottobre (Toscana) il quadro si completa il 23-24 novembre tra fibrillazioni, polemiche, colpi bassi, attese alte. È ripartito il gioco elettorale, questa è la settimana decisiva di campagna per gli ultimi voti del 2025.
Pericolo astensione
È talmente scontato il risultato delle prossime regionali che il vero nemico è in realtà l’astensione. Tremano soprattutto i candidati ritenuti vincenti. Cioè: il Cinquestelle Roberto Fico in Campania (candidato unitario del Centrosinistra), il dem Antonio Decaro in Puglia (europarlamentare, per lui è scesa a Bari Elly Schlein) e il delfino di Luca Zaia in Veneto (il 33enne padovano Alberto Stefani, vice segretario della Liga Veneta, deputato dal 2018).
Al netto delle sparate propagandistiche, i partiti hanno di fatto già messo il cuore in i pace, hanno raggiunto più o meno l’accettazione. Ciò che turba è, come si diceva, l’astensione. Gli ultimi dati parlano chiaro: l’affluenza in Toscana si è fermata al 47,73%, quella in Calabria al 43%. Pesa certamente il “fattore sfiducia” come lo chiama l’europarlamentare dem Giorgio Gori. Ma c’è dell’altro: la qualità dell’offerta politica è scadente, i tentativi di motivare le fasce di popolazione che non credono più alla politica sono vacui, privi di idee, privi di sentimenti. Più di 9 milioni di cittadini disertano le urne per svariati motivi: 4,2 milioni di aventi diritto non sono in grado di recarsi autonomamente ai seggi (anziani, infermi, disabili). Altrettanti studiano o lavorano fuori sede. Ergo, per rilanciare l’affluenza bisogna consentire il voto nel luogo in cui si vive. Parliamone.
Si pensa già alle politiche del 2027
Mettiamola così: più che alle Regionali d’autunno, i partiti pensano già alle Politiche 2027. Destra e sinistra offrono perlomeno questa lettura. Il campo largo è a caccia di un nuovo leader; gli assordanti silenzi di Franceschini, manovriero ingegnere di leadership alternative, lo testimonierebbero. Tre nomi per contendere la vittoria nelle urne alla premier Giorgia Meloni: Elly Schlein (decisivi i referendum su giustizia e sistema elettorale), un redivivo Giuseppe Conte, la 40enne genovese Silvia Salis, già vicepresidente vicaria del CONI.
Anche la maggioranza si sta attrezzando. Nota la proposta di Giorgia Meloni: Politiche anticipate a giugno 2027 e referendum sul premierato nel 2028, non prima. Troppo rischioso ricevere il verdetto dei cittadini durante la legislatura. Renzi ne sa qualcosa: la sconfitta nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 gli è costata le dimissioni. Ed ha ceduto il ruolo, obtorto collo, a Gentiloni. Un maldipancia che dura ancora.














