Gente d'Italia

Elezioni regionali, cosa ci dicono i numeri in Veneto, Campania e Puglia, incrociati con quelli del passato

di MARCO BENEDETTO

Gli alti e bassi dei risultati elettorali giustamente preoccupano Giorgia Meloni, attenta alle sorti del suo partito. Un voto in più o in meno si riverbera sulla ripartizione del potere attraverso incarichi di governo e di sottogoverno per i suoi fedeli.

Due recenti episodi danno un’idea del nervosismo che l’autocontrollo di Meloni non riesce a gestire: l’inconsulta reazione alle parole in libertà di un consigliere di Mattarella e la pagliacciata del chi non salta comunista è.

Elezioni e cittadini

Per noi cittadini comuni non c’è molto da agitarsi. L’orientamento degli italiani è stabile più di quanto appaia dai resoconti calcistici dei media. Si tratta di una stabilità che si può rintracciare a ritroso nell’ultimo secolo e che certamente trova conferma nei risultati elettorali dell’ultimo quarto.

Gli italiani sono infatti divisi in due macro aree che hanno subito nel tempo poche oscillazioni: moderati e destra contro sinistra. Fate l’esercizio che ho fatto io con Wikipedia, mettendo in fila i risultati elettorali dal 1994 a oggi e ne avrete conferma. Sono cambiati i nomi dei partiti, due di quelli che diedero vita alla Repubblica sono stati uccisi, ma la sostanza non è cambi.

Questo vale anche a livello locale, con l’aggiunta di un elemento in più dato dall’effetto della più o meno buona amministrazione e dal rapporto di fiducia tra cittadini e amministratori. Roma è lontana ma la sede della Regione la possiamo vedere ogni giorno.

Se guardiamo i risultati di Veneto, Campania e Puglia possiamo trarre alcune conclusioni.

La Puglia è il caso più semplice. Il trionfatore, Antonio Decaro, ha beneficiato di un buon credito personale acquisito come sindaco di Bari e di una buona tradizione amministrativa della sinistra in Puglia.

Il caso Campania

In Campania trova conferma la teoria del campo largo, ampiamente dimostrata a suo tempo dalle vittorie dell’Ulivo guidato da Romano Prodi ma in principio messa in atto da Berlusconi. Fu Berlusconi il primo a capire gli effetti di una coalizione, mettendo assieme tre partiti abbastanza disomogenei ad non per il desiderio di un posto al sole.

In Campania, nelle ultime tornate elettorali ha sempre dominato il Movimento 5 Stelle. Non mi allargherò nella ricerca di un motivo. I numeri parlano chiaro.

Alle elezioni politiche del 2022 il M5S ha ottenuto rispettivamente nelle due circoscrizioni il 41,4% e il 27,6%, in totale il 34,6%.

Il Pd: 14 e il 17

Fdi: 13,8 e 21,4

Alle Regionali 2025 alla coalizione di sinistra, il campo largo, è andato il 60 per cento dei voti.

Nel 2020, Vincenzo De Luca aveva ottenuto il 69,5, mentre il partito grillino aveva raccolto un altro 9,9.

Nel 2020 alla coalizione di destra era andato il 18% dei suffragi, nel 2025 quasi il 36%.

In Veneto nel 2020 Luca Zaia conquistò da solo il 61%, Fdi il 9,5%, Forza Italia il  3,6%, il Pd l’11,9%.

Nel 2022 alla Lega andò il 14,5%, a FdI il 32,7%, a Forza Italia il 7%, al Pd il 16%.

I risultati del 2025 vedono la Lega al 38%, FdI al 18,7, Forza Italia al 6,3, il Pd al 16,6.

 

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