Gente d'Italia

Crisi in Congo dopo l’attacco dei ribelli a Uvira, migliaia di rifugiati in Burundi

(foto archivio)

di ALESSANDRA FABBRETTI

ROMA – “Migliaia di persone hanno superato la frontiera terrestre tra Congo e Burundi dopo l’attacco dei ribelli alla città di Uvira, poi la frontiera è stata chiusa e gli sfollati hanno continuato a raggiungere il Burundi tramite il lago Tanganica. Le autorità burundesi stanno convogliando le persone nei campi profughi che sono sorti a maggio scorso, quando è stato attaccato il Sud Kivu. I bisogni sono enormi”. Con l’agenzia Dire parla Aldo Cazzulani, coordinatore dei progetti in Burundi dell’organizzazione italiana Vispe – Volontari Italiani Solidarietà Paesi Emergenti.

Questo piccolo Paese confina con la provincia di Sud Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo, dove da inizio mese le forze ribelli del Movimento 23 marzo (M23) hanno lanciato un’offensiva, prendendo il controllo della città di Uvira. In settimana i miliziani hanno annunciato il ritiro dalla città, nel rispetto di un accordo di pace promosso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, tra i governi del Congo e del Ruanda.

Quest’ultimo è accusato di sostenere l’M23, che – riferiscono i media internazionali – avrebbe ricevuto pressioni da parte di Washington per rispettare l’intesa.
L’intervista con Cazzulani avviene al rientro di una missione del referente del Vispe a Mutoyi e Bujumbura, dove l’ong segue dei progetti che hanno “preso il testimone” dagli interventi di missionari cattolici negli anni Sessanta.

Nei giorni della missione dell’operatore italiano, arrivava l’attacco a Uvira e nell’area circostante, che ha sfollato secondo la Commissione europea, mezzo milione di residenti, di cui a migliaia verso il Burundi. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ne stima 84mila, che portano a 200mila i congolesi esuli nel Paese, determinando “una grave crisi umanitaria”.

“Tra Uvira e le località burundesi distano poche decine di chilometri- riprende Cazzulani- e i passaggi sono quotidiani, per motivi di lavoro o familiari. C’è chi è finito nei campi per sfollati ma anche chi è stato accolto a casa di parenti o amici. Ad ogni modo ci sono difficoltà nelle forniture di cibo e acqua, e si sente parlare già di qualche caso di colera”.

Il Vispe sta cercando di mettere in campo una risposta all’emergenza, come spiega sempre alla Dire il presidente dell’organizzazione, Livio Carnevale: “Siamo già in contatto con le autorità per inviare pacchi alimentari nei campi profughi entro la prossima settimana. E’ una goccia nell’oceano, data l’enormità dei bisogni, ma rivela grande solidarietà”. I pacchi sono infatti frutto della produzione locale delle decine di cooperative per la produzione e la vendita di prodotti agricoli e aviari, gestite da cittadini locali ma nate su impulso della lunga presenza che il Vispe vanta in Burundi. “Sosteniamo anche due supermercati per la vendita di ciò che le famiglie non consumano o non vendono direttamente” continua Carnevale, che sottolinea il lavoro che l’organizzazione compie, accompagnando le cooperative “nella formazione, condividendo sempre i nostri valori, tra cui prima di tutto, quello della solidarietà”.

Le donazioni di pacchi alimentari agli sfollati di Uvira rientrano in questa azione: “Porteremo farina, olio, riso e fagioli”. Gesti significativi in uno dei Paesi più poveri del continente: “La povertà è molto diffusa- prosegue il presidente- ma il sistema delle cooperative raggiunge diverse migliaia di persone. Sosteniamo anche l’ospedale di Mutoy: la sanità, come spesso accade nei paesi svantaggiati, è per lo più a pagamento, ma grazie alle donazioni riusciamo a mantenere i costi bassi, e laddove l’indigenza sia totale – a coprirle noi. Non si lascia fuori nessuno”, conclude Carnevale.

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