Sergio Mattarella (foto depositphotos)
di Ottorino Gurgo
La politica italiana ha vissuto ieri quella che è da considerarsi, probabilmente, la giornata più drammatica dell'attuale legislatura.
E alla fine non si può fare a meno di trarre da quello che è accaduto tre conclusioni.
La prima è che Sergio Mattarella continua ad essere, oltre che il custode della Costituzione, il garante della governabilità del nostro paese. Custode della Costituzione perché, respingendo le dimissioni del governo presentategli da Mario Draghi, ha ricordato a tutti che un governo che ottiene la fiducia del Parlamento e dispone, quindi, di una larga maggioranza, ha il dovere di restare in carica. Garante della governabilità perché con la sua decisione ha evitato al nostro paese di precipitare in una condizione di isolamento rispetto ai partner europei, sbigottiti da quanto stava accadendo al punto di chiedersi se l’Italia potesse ancora essere considerato un alleato affidabile facendo mostra di ignorare il momento particolarmente difficile della sua situazione interna e della situazione internazionale.
La seconda conclusione riguarda la conferma che Mario Draghi è e resta l’unico possibile punto di riferimento valido ad evitare il caos e quelle elezioni anticipate che irresponsabilmente qualcuno auspica dimenticando che, oltre tutto, elezioni che si svolgessero nel caos che fa da contrappunto alla situazione del paese, determinerebbe un’ulteriore, crescita della sfiducia della pubblica opinione nei confronti di una classe politica che ha fatto del senso di responsabilità quello che Alessandro Manzoni definì “un senso raro”.
Inevitabilmente il fenomeno dell’astensionismo dalle urne subirebbe un ulteriore incremento accentuando in modo forse irreversibile il distacco tra il paese reale e il paese legale.
La terza conclusione concerne il ruolo di Giuseppe Conte e del suo movimento. Conte ha rivelato in modo eclatante che non ci si può improvvisare uomini politici e soprattutto che la sua stagione politica deve considerarsi terminata dal momento in cui l’ambizione personale ha prevalso sull’impegno di tutela degli interessi nazionali.
Potremmo dire, in sostanza, che Conte ha fatto la fine di colui che, andato per bastonare, finì con l’essere bastonato. Da oggi la sua carriera politica subisce, infatti, un brusco arresto.
Mercoledì prossimo, quando draghi tornerà in Parlamento assisteremo, probabilmente, alla fine di questa telenovela in verità piuttosto squallida che ci ha portato un unico motivo di consultazione, quello di poter dire: “Meno male che Mattarella c’è”
Ottorino Gurgo