Caos senza fine in Francia.
Ad appena dodici ore dalla formazione del governo, il neo-premier Sébastien Lecornu, nominato da un mese per tentare di formare un esecutivo e approvare la manovra finanziaria 2026 dopo la caduta, a inizio settembre, dell'ex premier Francois Bayrou, ha rassegnato le dimissioni al presidente Emmanuel Macron. Un terremoto politico senza precedenti, con un governo nato la sera e morto il mattino seguente: il più breve nella storia della Quinta Repubblica.
"Non c'erano le condizioni per restare primo ministro', ha ammesso Lecornu, in una breve dichiarazione dopo l'annuncio delle dimissioni, deplorando che i partiti abbiano "fatto finta di non capire quanto" la sua decisione "di non ricorrere all'articolo 49.3 della costituzione rappresentasse una rottura profonda" rispetto ai governi del passato. Un riferimento, in particolare, all'impegno da lui assunto nei giorni scorsi a non usare il suddetto articolo della Carta fondamentale, contestatissimo dalle opposizioni, che dal 2022 ha consentito ai vari esecutivi a trazione macroniana, di far passare le manovre finanziarie senza voto del parlamento.
"Siamo alla fine del cammino (...) la farsa è durata abbastanza", attacca la responsabile del Rassemblement National (RN, Marine Le Pen, che insieme al suo delfino e segretario del partito, Jordan Bardella, torna ad invocare lo scioglimento dell'Assemblée Nationale e il ritorno ad elezioni anticipate. Mentre la France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon si spinge fino a chiedere la destituzione del presidente Emmanuel Macron. Vero ago della bilancia in questa crisi che fa reagire le borse e sprofonda nell'incertezza la seconda economia della zona euro sono stati i Républicains (LR), il partito della destra neogollista che finora appoggiava la compagine governativa. ''Non potevamo offrire un ultimo giro di pista'' ai macroniani, ha dichiarato il vicepresidente LR, Francois-Xavier Bellamy, aggiungendo che il suo partito ''non ha nulla da temere da uno scioglimento'' del parlamento.
Secondo diverse fonti a Parigi, il ritorno a sorpresa di Bruno Le Maire come ministro della Difesa dopo i sette anni passati all'Economia (2007-2024), ha fatto infuriare il campo LR. A sua volta ex repubblicano passato dal 2017 con Macron, Le Maire è inviso a molti suoi vecchi compagni di partito. Molti lo accusano, tra l'altro, di avere pesanti responsabilità, da ex-titolare di Bercy, nella deriva dei conti pubblici e per l'allarmante situazione finanziaria della Francia, che è valsa a Parigi il recente downgrade di Fitch. Ad irritare i Républicains sarebbe stato anche l'ampio spazio riservato a Renaissance (il partito di Macron) nella nuova squadra (10 ministri contro 4 LR), in contraddizione con quello spirito di ''rottura'' invocata dallo stesso Lecornu nel giorno del suo insediamento a Matignon.
Furioso e profondamente deluso dal nuovo esecutivo annunciato ieri sera dal premier, l'attuale ministro dell'Interno e presidente LR, Bruno Retailleau, aveva dunque convocato per le 11 di questa mattina un consiglio strategico dei Républicains per valutare un'eventuale uscita dal nascituro governo. Un rischio che ha evidentemente indotto Lecornu ad agire d'anticipo annunciando le dimissioni a sorpresa. Anche le opposizioni di estrema destra (Rassemblement national, Rn) e sinistra radicale, La France Insoumise) avevano criticato nelle ultime ore un governo ''fotocopia'' del precedente visto che 12 dei 18 ministri erano già nella squadra di Francois Bayrou sfiduciata a fine estate.
Nominato il 9 settembre con l'arduo compito di formare un nuovo esecutivo, Lecornu aveva convocato il suo primo consiglio dei ministri per oggi alle ore 16. Ma la storia è andata diversamente. Lecornu è il terzo terzo premier designato nel giro di un anno, dopo Michel Barnier e Francois Bayrou, entrambi rimandati a casa, dopo che la dissoluzione dell'Assemblea nel giugno 2024, ha prodotto un emiciclo ingovernabile, diviso in tre blocchi contrapposti e incapaci di qualsiasi forma di compromesso.