di CLAUDIA MONTANARI
Per anni, a chi soffriva di fibrillazione atriale – una delle più comuni aritmie cardiache – veniva consigliato di evitare il caffè e ogni bevanda contenente caffeina. L’idea diffusa è che la caffeina, stimolando il sistema nervoso, possa aumentare il battito cardiaco e favorire episodi di aritmia. Ma una nuova ricerca scientifica ribalta questa convinzione.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista JAMA, bere una tazza di caffè al giorno non solo non è dannoso, ma potrebbe addirittura ridurre del 39% il rischio di recidiva di fibrillazione atriale (AFib).
Lo studio, condotto su un gruppo di adulti con diagnosi di AFib, suggerisce che un consumo moderato e costante di caffè potrebbe avere un effetto protettivo sul cuore, aprendo la strada a una revisione delle linee guida mediche che da decenni invitano alla prudenza.
Cos’è la fibrillazione atriale e perché è così diffusa
La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco che causa battiti irregolari e spesso accelerati. Colpisce oltre 37 milioni di persone nel mondo e rappresenta una delle principali cause di ictus e insufficienza cardiaca.
Si tratta di una condizione che può derivare da molteplici fattori: predisposizione genetica, ipertensione, obesità, diabete, apnea notturna, abuso di alcol o stress cronico. Ma anche abitudini alimentari e stili di vita possono giocare un ruolo determinante.
Nel tempo, diversi studi hanno evidenziato che la fibrillazione atriale non è solo una questione di cuore, ma anche di metabolismo, infiammazione e equilibrio del sistema nervoso autonomo. Da qui nasce l’interesse crescente verso l’impatto di sostanze come la caffeina.
Lo studio
Il nuovo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università della California e pubblicato su JAMA, ha coinvolto 200 adulti con fibrillazione atriale persistente, tutti abituali consumatori di caffè. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: uno ha continuato a bere almeno una tazza di caffè con caffeina al giorno, l’altro ha completamente eliminato la caffeina per sei mesi.
Al termine del periodo di osservazione, i risultati sono stati sorprendenti: chi aveva continuato a bere caffè presentava un rischio di recidiva di fibrillazione atriale inferiore del 39% rispetto a chi lo aveva escluso dalla dieta.
Un dato importante, soprattutto perché lo studio è stato condotto con metodo randomizzato, ovvero assegnando casualmente i partecipanti ai due gruppi, riducendo così il rischio di distorsioni nei risultati.
Il dottor Gregory Marcus, autore principale della ricerca, ha spiegato che «questa è la prima sperimentazione a lungo termine che valuta in modo diretto gli effetti del caffè caffeinato. I risultati dimostrano che un consumo moderato può essere sicuro, e anzi potenzialmente benefico, per chi soffre di AFib».
Perché la caffeina potrebbe proteggere il cuore
I meccanismi con cui la caffeina può contribuire alla salute cardiaca sono diversi e complessi. Secondo i ricercatori, l’effetto benefico potrebbe derivare da una combinazione di fattori fisiologici e metabolici.
In primo luogo, la caffeina stimola leggermente il sistema nervoso simpatico, aiutando a stabilizzare il tono vagale, una delle componenti che regola il ritmo cardiaco. In alcune persone, un tono vagale eccessivo può favorire episodi di fibrillazione, e la caffeina, in piccole dosi, sembra riequilibrare questa risposta.
Inoltre, il caffè ha un effetto diuretico e antinfiammatorio, che può contribuire a ridurre la pressione sanguigna e a migliorare la funzione endoteliale, ossia la capacità dei vasi sanguigni di dilatarsi e rispondere correttamente agli stimoli.
Alcune ricerche condotte su modelli animali hanno anche dimostrato che la caffeina può prolungare i tempi di recupero elettrico dell’atrio sinistro, un fenomeno che riduce la probabilità che si inneschino episodi di aritmia.
Un altro aspetto interessante emerso da precedenti studi riguarda l’attività fisica. Il consumo di caffè, infatti, è associato a una maggiore energia e vitalità: in una ricerca parallela, chi beveva caffè compiva mediamente mille passi in più al giorno rispetto a chi lo evitava. Un incremento anche modesto dell’attività fisica può migliorare la salute cardiaca generale e diminuire la frequenza degli episodi di AFib.
Un messaggio rassicurante per chi ama il caffè
Per i milioni di persone che soffrono di fibrillazione atriale e che finora hanno rinunciato al piacere del caffè per paura di peggiorare la propria condizione, questa scoperta rappresenta un segnale positivo.
Il dottor Nikhil Warrier, cardiologo ed elettrofisiologo, ha commentato che «le nuove evidenze confermano che un consumo moderato di caffeina non aumenta il rischio di fibrillazione. Al contrario, può essere parte di uno stile di vita equilibrato e compatibile con la salute cardiaca».
L’esperto sottolinea come l’importanza di questo studio stia nel superare vecchi preconcetti e basare le raccomandazioni cliniche su dati concreti. «Per troppo tempo ai pazienti è stato detto di evitare del tutto il caffè. Ora sappiamo che, se consumato con moderazione, può non solo non essere pericoloso, ma persino benefico.»
Attenzione alle quantità e al contesto generale di salute
Nonostante i risultati incoraggianti, gli scienziati raccomandano di non esagerare con le dosi. Una tazza al giorno di caffè caffeinato sembra essere la quantità ottimale osservata nello studio.
Bere quantità elevate di caffeina può invece provocare effetti indesiderati, come insonnia, palpitazioni o ansia, soprattutto in persone sensibili o con altri problemi cardiaci.
È importante anche considerare lo stile di vita nel suo complesso. Il controllo del peso corporeo, una dieta equilibrata, la riduzione dell’alcol, il sonno regolare e la gestione dello stress restano i pilastri principali per prevenire e gestire la fibrillazione atriale.
Come ricordano gli autori dello studio, il caffè da solo non può compensare abitudini scorrette, ma può far parte di un approccio più ampio alla salute cardiaca.
Verso un nuovo modo di intendere la prevenzione cardiaca
Gli esperti concordano sul fatto che i risultati di questa ricerca rappresentano un passo avanti importante nella comprensione del rapporto tra alimentazione e salute del cuore.
Il dottor Renato Apolito, cardiologo presso l’Hackensack Meridian Jersey Shore University Medical Center, sottolinea che «molti medici, per prudenza, hanno a lungo consigliato di limitare la caffeina. Tuttavia, i dati più recenti indicano che il suo impatto è minimo se consumata in quantità moderate e può perfino essere favorevole».
Apolito precisa però che saranno necessari ulteriori studi per comprendere meglio se l’effetto positivo è specifico del caffè o se può essere esteso ad altre bevande caffeinate come tè o yerba mate.
Inoltre, sarà utile verificare se benefici simili si riscontrano anche in chi non era un abituale bevitore di caffè prima della diagnosi di AFib.















