di Franco Manzitti
​ In Liguria oramai è come un bollettino di guerra. L’inferno delle autostrade liguri, di cui si parla solo in Liguria, divampa ogni giorno, ogni ora. Su una rete che è la più complicata d’Italia per il numero dei ponti e delle gallerie. Che non hanno eguali nel resto del Paese e che la manutenzione ridicola dei concessionari, Benetton in testa, ha ridotto a un campo di battaglia.Oggi ci sono in azione almeno 45 cantieri sui circa 746 chilometri di percorsi e la maggior parte delle tratte è costretta a corsie alternate. Dove erano tre le corsie di marcia diventano due, poi una.

Poi c’è il salto di corsia e si procede a senso unico, con il traffico nell’altra direzione a pochi centimetri di distanza.

Così gli incidenti si moltiplicano e diventano gravi, spesso mortali. Ma anche se non lo sono bloccano tutto per ore e ore, provocando decine di chilometri di coda su ogni tratta, in ogni direzione.​

Arrivare a Genova per turismo, per affari, per commercio, per ragioni personali, è diventato un’ impresa.

La maggior parte degli incidenti sono provocati da Tir che​ viaggiano a migliaia ogni giorno su quei 370 chilometri che diventano appunto 746 chilometri con le doppie carreggiate.​

In Liguria un terzo delle gallerie di tutta Italia - Il 30 per cento delle gallerie in Italia sono in Liguria e​ quelle liguri sono ben il​ 17 per cento in Europa.

Ci sono 466 gallerie di cui 155 oltre i 500 metri, quindi dal 2004 sottoposte e un regime europeo di controllo. Del quale le autorità italiane si sono infischiate fino alla tragedia del Morandi, il 14 agosto del 2019. ​

In provincia di Genova le gallerie sono 233. E di queste il 47 per cento è in concessione a Aspi, cioè Benetton, e il resto ad altri concessionari privati.

Il disastro del ponte Morandi e poi gli incidenti nella galleria Bertè sull’ A 6, vicino a Savona, hanno smascherato il disastroso stato di manutenzione di questi ponti e di queste gallerie. Grazie alle inchieste della magistratura e alle conseguenti ispezioni del Ministero dei Trasporti,

E ora il “piano di salvataggio” prevede almeno cinque anni di cantieri. Che vuol dire lo strangolamento totale della Liguria. Del traffico per i suoi porti, per il turismo. Per quegli hub fondamentali del trasporto in Italia e in Europa che sono, appunto, i tre porti di Genova, Savona-Vado e Imperia.

Per fare un esempio l’ammaloramento di un viadotto sulla A 12, tra Sestri Levante e Lavagna, nel tratto Livorno – Genova, ha fatto chiudere al traffico dei Tir un viadotto. Così i mezzi pesanti escono dall’autostrada in un senso e nell’altro e in un corteo allucinante attraversano quei comuni sulla viabilità ordinaria, in piena stagione turistica.

Una follia contro la quale sindaci e comunità locali, operatori turistici non sanno che fare.

I ponti autostradali nel mirino sono in Liguria più di 1700,​ di cui 556 hanno una lunghezza maggiore di 100 metri. Cosa succederebbe se il mirino della manutenzione li mettesse “sotto cantiere”? La paralisi totale, irreversibile, il disastro assoluto

A fronte di questa Caporetto, che si consuma nel silenzio, ma in piena epoca di​ Recovery Fund, quando cioè si potrebbe immaginare un grande investimento con i soldi europei e progetti di rilancio per un territorio chiave nelle infrastrutture​ continentali​ la politica nazionale e quella locale sono al nulla.

Zero progetti in Liguria - Zero ipotesi alternative. La maledetta Gronda è una tangenziale di circa 70 chilometri da Levante a Ponente, intorno a Genova. La Gronda scaricherebbe il traffico e le autostrade “marce”. Ma è sempre ferma, già finanziata con i pedaggi pagati in anticipo in tutta Italia.

Ma Genova ne discute inutilmente da decenni. Il ponte Morandi è crollato anche perchèé non l’hanno costruita e il Governo, anche quello Draghi, non spinge la sua realizzazione. Che fu annunciata beffardamente dall’ ex ministro Paola De Micheli del governo Conte II. Che ha preceduto Enrico Giovannini, il tecnico di Draghi, titolare di oggi. E che si divertiva, la De Micheli, a minimizzare il caos ligure, sostenendo che “la narrazione” era eccessiva.

Sconfortato da questo disastro permanente e continuato delle nostre autostrade. E anche convinto che oltre alle responsabilità di oggi ci siano gravi colpe da decenni per la classe dirigente ligure e genovese. Incapace di programmare. Ho fatto qualche passo indietro nella storia delle comunicazioni infrastrutturali in Liguria.

Il ricordo e il rimpianto di Taviani

Così ho scoperto cosa aveva fatto per combattere l’isolamento interno ed esterno della Liguria uscita dalla guerra, Paolo Emilio Taviani. Democristiano, molte volte ministro e parlamentare e infine senatore a vita, dal 1945 fino al 2001 della sua morte.

Alla domanda di quale era il suo bilancio per la Liguria lui, leader prima di tutto nazionale, poco prima della sua morte aveva risposto così. “Tra il 1946 e il 1980 promossi la costruzione in Liguria di oltre 150 strade utilizzando la legge sulle aree depresse, attingendo ai fondi Anas.

Come ministro della Difesa ho ceduto alla provincia di Imperia tutte le strade militari delle Alpi Marittime al prezzo di cento lire al chilometro. Nel 1953 ho fatto passare al Consiglio dei ministri la legge per costruire l’aeroporto di Genova.”E inoltre: ”Del sistema autostradale ligure mi sono occupato personalmente fino al 1980 (ndr quando non era più ministro) e posso vantarmi di avere fatto costruire una cifra di chilometri superiore a quello delle strade costruite dall’inizio del secolo fino al 1946.”

E ancora: “Se non fossi stato ministro del Tesoro quando si programmavano le autostrade non si sarebbero realizzate​ la Savona-Ventimiglia e la Sestri Levante- Livorno.

“Lo svincolo di Chiavari e quello di Genova Est costarono più di qualche intera autostrada. Da ministro del Tesoro riuscii a erogare due miliardi di allora per Corso Europa e negli anni Sessanta ho dato il via alla difficile costruzione della Sopraelevata (ndr costruita in 18 mesi)”.

Ma il bilancio di Taviani continua: “Negli anni Settanta da ministro dell’Interno ho ottenuto, in compensazione del trasferimento Italcantieri a Trieste, la costruzione della Voltri Alessandria e del tunnel tra l’Alta Fontanabuona e Bargagli…”

Si potrebbe continuare con le opere dell’uomo politico certamente più importante che la Liguria abbia avuto nella storia del Dopoguerra.

Ma fermiamoci qua e paragoniamo con il dopo e con i disastri di oggi. Quando la Liguria è strangolata, isolata, spezzata per colpa di chi quelle opere ha gestito ignobilmente. Fino e oltre il crollo del Morandi.

Non è solo un problema di manutenzione, ma anche di programmazione. Dai tempi di Taviani, di quelle autostrade, della Sopraelevata, di Corso Europa, non si è più fatto nulla di nulla. Con la sola eccezione, ovviamente, del ponte San Giorgio, della strada Guido Rossa e di qualche pezzo di Aurelia Bis a Ponente.

Non hanno progettato e costruito neppure un metro di nulla le generazioni che si sono succedute a Taviani e a quelli della sua epoca.

E ora, quando in qualche modo si attutirà la catastrofe dei cantieri che ci mandano all’inferno ogni giorno, non è che la situazione migliorerà di molto.

La Liguria continua a essere strangolata, le code ancor prima delle terribile vicende di oggi erano la costante del traffico, soprattutto d’estate, soprattutto quando i turisti arrivano in massa.

E sappiamo che arriveranno o, almeno, cercheranno di arrivare.

Si sono succedute diverse generazioni di politici e di amministratori pubblici, ben inteso in contesti politici ed economici anche molto diversi. Ma nessuno ha sbloccato nulla, per la marginalizzazione della Liguria. Per la decadenza della classe politica e dirigenziale. Per le difficoltà del Paese, per le sue crisi.

Forse arriva, entro il 2024, il Terzo Valico ferroviario per il quale, salvo l’ex senatore Gigi Grillo, prima Dc poi diventato berlusconiano, la classe politica ligure non si è certo scannata. Il Terzo Valico, linea ferroviaria veloce tra Genova e Milano potrebbe slittare anche di qualche anno. Soprattutto perché è necessario che oltre alle sue gallerie lunghe 45 chilometri nell’Apennino ligure-piemontese si quadruplichi la linea tra Tortona e Milano. Se no la velocizzazione si riduce.

La Gronda nel guazzabuglio - La Gronda è sempre lì, in quel guazzabuglio che si conosce. Non esistono altri progetti, oltre​ a​ quelli​ elaborati in questi giorni,​ di sospendere i cantieri nei week end.

L’unica idea, che ogni tanto sbuca, è quella di una nuova autostrada tra Albenga e Predosa, per scaricare la A10 e la A26. Ma non c’è neppure un progetto. E quella idea la porta avanti da solo Claudio Scajola, oggi sindaco di Imperia e, guarda caso, figlioccio di Taviani…

I ministri e i leader liguri di oggi, come Andrea Orlando del Pd, il potente ministro del Lavoro E grande apparatchik del Pd prima del Pds dei Ds e del Pci, ex enfant prodige. O come Roberta Pinotti sempre Pd, potente senatrice, già ministro della Difesa. Cosa risponderebbero se rivolgessero loro la stessa domanda fatta qualche lustro fa a Taviani?

Sono in Parlamento da molte legislature e ci resteranno ancora, seppure non sempre eletti dai liguri. Ma in comodi collegi sicuri al di fuori della loro Regione, che ancora aspetta le loro opere.

Non certo i “miracoli” di Taviani nella grande epopea dell’Italia da ricostruire, ma almeno un ponticello, una piccola bretella, una tangenzialina…….potevano anche programmarla. O, come si minacciava qualche decennio fa, non era meglio morire democristiani?​