Come la cronaca di una morte annunciata, le regole che proteggevano la neutralità della rete negli Stati Uniti sono state ufficialmente annullate. Sei mesi dopo la votazione della Commissione federale sulle comunicazioni (FCC), le norme volute dall’amministrazione Obama nel 2015, che proibivano ai fornitori di traffico internet di chiedere più soldi per veicolare certi contenuti o di accordare un trattamento preferenziale a certi servizi, sono infine decadute.

La morte era annunciata perché già lo scorso maggio il presidente della FCC Ajit Pai, nemico dichiarato della net neutrality, aveva fatto sapere che le regole, azzerate nella votazione di dicembre di una Commissione ormai trumpiana, sarebbero formalmente scadute l’11 giugno. E così è stato. La neutralità della rete - un concetto secondo il quale chi fornisce connettività internet non deve discriminare il tipo di traffico, rallentando o inibendo l’accesso a certi servizi a discapito di altri - non è più un obbligo per gli
Usa.

Le regole annullate - Ma cosa prevedevano in concreto queste regole? Innanzi tutto, c’erano alcune proibizioni cruciali: divieto di bloccare contenuti o servizi, di rallentare la trasmissione di pacchetti, di creare corsie veloci o preferenziali. Ovvero no a:

- blocchi (blocking): i fornitori di connettività internet (gli Isp, quelli che ci danno la connessione a casa o su mobile) non potevano discriminare contro contenuti legali, bloccando un sito o una app per qualsivoglia ragione;
- rallentamenti (throttling): i suddetti fornitori non potevano rallentare la trasmissione dei dati a causa della loro natura, magari perché di un servizio concorrenziale rispetto alla
loro offerta (esempio tipico una telco che strozza il VoIP);
- prioritizzazione pagata (paid prioritization): i già citati fornitori internet non potevano creare corsie più veloci per aziende pronte a pagare di più di altre;
- Inoltre, nota importante, tali regole venivano applicate anche all’internet mobile.

Cosa succede adesso - Queste norme però ora non ci sono più. E molte associazioni di consumatori temono che d’ora in poi i fornitori di servizi internet possano iniziare a vendere offerte a pacchetto, del tipo: ti do un accesso internet, ma se vuoi andare su alcuni siti (ad esempio, i social network) devi pagare di più. Un altro timore è che in una internet a più corsie, chi sarà in grado di pagarsi quelle più veloci per distribuire i propri servizi saranno solo i giganti media e tech - inclusi Google, Facebook, Amazon, tutti a favore della net neutrality, al contrario ovviamente di telco e aziende broadband. Tali giganti tech dovranno sborsare di più (agli operatori di telecomunicazioni), ma potranno comunque restare competitivi. Mentre soccomberanno i più piccoli e le startup.

E c’è anche chi teme che gli stessi consumatori, gli utenti internet, si ritroveranno alla fine con costi più alti. Infine c’è chi, come la parlamentare democratica Jessica Rosenworcel, parla apertamente di censura. “I fornitori di servizi internet avranno ora il potere di bloccare siti, rallentare servizi e censurare contenuti online”, ha sintetizzato al New York Times. La FCC dell’era Trump sostiene che le regole del 2015 avrebbero limitato la possibilità di sperimentare nuove tecnologie e modelli di business da parte di telco e fornitori di connettività - come Verizon e Comcast. E che per anni internet si sarebbe sviluppata tranquillamente senza la necessità di simili norme.

Eppure prima della loro introduzione nel 2015, c’erano già stati diversi episodi che avevano mostrato cosa poteva significare abbandonare la strada della neutrality. Ad esempio la telco AT&T aveva provato a bloccare gli utenti che volevano usare FaceTime sui loro iPhone. Verizon aveva bloccato l’invio di sms di una organizzazione a favore dell’aborto. Altri fornitori internet avevano provato a ostacolare l’uso di tecnologie di file sharing. Tuttavia secondo molti osservatori non si vedranno subito grandi cambiamenti da parte di Isp e telco.

Il quadro è infatti ancora molto variabile e incerto. Ci sono varie azioni legali avviate da associazioni e procuratori generali contro la decisione della FCC. Alcuni Stati hanno proposto leggi per reintrodurre la neutrality, anche se solo quello di Washington ne ha una già approvata ed effettiva. Ma altri 29 Stati hanno sul tavolo proposte di legge. Inoltre anche una parte del Congresso sta considerando una risoluzione congiunta che potrebbe ribaltare l’ultima decisione della FCC. Per ora però la neutralità della rete è
un po’ meno scontata