Negli ultimi dieci anni la percentuale di bambini e adolescenti in povertà assoluta è più che triplicato. Ad oggi sono il 12 per cento, mentre nel 2005 era assolutamente povero il 3,9 per cento dei minori di 18 anni.

Il dato emerge dal secondo Rapporto sulla povertà educativa minorile in Italia di 'Con i Bambini e Openpolis' presentato ieri a Roma. Questa crescita ha allargato il divario tra generazioni: oggi una persona più è giovane e più è probabile che si trovi in povertà assoluta. "Dal rapporto emerge un quadro impietoso e disarmante del nostro Paese", ha commentato nel corso dell'incontro Stefano Buffagni, sottosegretario alla presidenza del Consiglio".

Un quadro che non riguarda solamente la condizione economica attuale, ma soprattutto il futuro e la possibilità di avere a disposizione gli strumenti per sottrarsi da adulto alla marginalità sociale. "Aggredire in modo puntuale e organico il fenomeno della povertà educativa minorile non riguarda solo la sfera dei diritti, seppur importante, ma anche il tema dello sviluppo del Paese", ha dichiarato Carlo Borgomeo, presidente di Con i Bambini.

Se è diffusa la consapevolezza di quanto sia aumentato il numero di poveri in Italia nell'ultimo decennio, lo è molto meno la cognizione di quanto l'aumento della povertà abbia colpito soprattutto i bambini e gli adolescenti: "Oggi più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in povertà assoluta. Sono i minori ad aver pagato di più la crisi", è scritto nel rapporto. "È prioritario garantire a tutti l'accesso a un'educazione di qualità, dall'asilo fino ai gradi più alti di istruzione", è la proposta di Con i Bambini.

L'efficacia del contrasto alla povertà educativa va misurato non solo in termini monetari, ma soprattutto in possibilità di accesso all'istruzione. Contrastare la povertà tra i più giovani significa "offrire concretamente a tutti i bambini e adolescenti, a prescindere dal reddito dei genitori, uguali opportunità educative". Rispetto agli altri paesi europei, l'Italia è agli ultimi posti per la spesa in istruzione. È di 3,8 punti percentuali il rapporto tra Pil e spesa in educazione: di un punto inferiore alla media Ue, quasi la metà della Danimarca prima in classifica. Peggio di noi fanno solo Slovacchia, Romania, Bulgaria e Irlanda. Anche l'ultimo rapporto Ocse sulla mobilità sociale ha indicato come priorità per l'Italia la garanzia de "l'accesso all'educazione di qualità, dall'asilo all'istruzione terziaria, ai bambini e ai giovani svantaggiati".

Edilizia scolastica e modelli di insegnamento: sono questi le due sfide che il sistema educativo italiano deve affrontare. Per quanto riguarda le strutture, solo quattro regioni su venti (Valle d'Aosta, Umbria, Emilia Romagna e Toscana) hanno raggiunto l'obiettivo – stabilito dall'Unione europea nel 2002 – dei 33 posti in asili nido o servizi di prima infanzia ogni 100 bambini sotto i tre anni. Un obiettivo messo a rischio anche dal calo della "platea potenziale" degli asili nido: i bambini sotto i due anni sono passati da 1,7 a 1,4 milioni. "Il rischio è che il calo demografico induca a pensare che l'Italia non abbia un problema con la copertura del servizio", scrive Con i Bambini. E poi ci sono i modelli di insegnamento, che devono tendere all'inclusione dei ragazzi.

"I test sui livelli di apprendimento mostrano una forte correlazione tra lo status socio-economico-culturale della famiglia e le competenze acquisite", denuncia il rapporto. "Così gli alunni svantaggiati restano generalmente indietro rispetto ai loro coetanei più fortunati".