Salvini, apologia di Salvini tanto massiccia e neppure un poco sgrossata. Tanto totale da lasciare sospesi tra un po’ di incredulità che si possa davvero farla così e un po’ inteneriti in fondo per chi non sa farla altra che così l’apologia di qualcuno o di qualcosa. Il libro (?) di Chiara Giannini su Matteo Salvini, almeno qualche passo del libro, andrebbe fatto leggere fin dalle scuole elementari e alcune sue pagine diventare d’obbligo alla medie. Come esempio realizzato e difficilmente superabile di sconfitta del culturame.

Metodo e indagine storica? Che palle! Ricerca e verifica delle fonti? Inutile e fa perdere tempo e poi fonte di che? Analisi critica dei contesti e degli esiti? Roba da professoroni mugugnoni. Chiara Giannini fa a meno di tutti questi orpelli che da troppo tempo fanno storia, cultura e una volta perfino un po’ facevano giornalismo. Ecco i fatti secondo il libro primo per sopravvenuta notorietà ma non certo solo pubblicato dell’Apologia di Salvini.

Ecco come Chiara Giannini (cui si doveva dar spazio alla Fiera del Libro a Torino) aspira al ruolo di primo evangelista della Rivelazione annunciata nell’Apologetica salviniana. “Salvini, l’uomo più desiderato dalle donne dello Stivale (Stivale maiuscolo ndr, non si pensi a feticismo celato). Anche, di nascosto, da quelle di sinistra”. Ecco dove si spinge l’osservazione del ricercatore, lo sguardo di chi legge la società contemporanea, Chiara Giannini vede e ci mostra queste donne di sinistra frementi e dilaniate tra la mente e la carne: di qua la mente torta a sinistra, di là la carne che urla e chiama: Salvini! Altro passo memorabile e acutamente profondo dell’Apologia. Ogni brava Apologia parte da elementi della biografia ed ecco quindi Chiara Giannini sull’aneddoto, uno degli aneddoti chiave del Salvini bambino: “all’asilo gli rubarono il pupazzetto di Zorro”.

L’autrice non esita ad indicare questo momento cruciale come uno nei quali Salvini ha imparato a soffrire. Gliel’ha raccontato si deve supporre Salvini in persona, non c’è che da ammirare la capacità di introspezione e poi di scavo: niente meno che farsi dire del pupazzetto di Zorro rubato all’asilo! Va letto tutto il libro prima dell’Apologia Salvini, anche se poche righe già bastano ad illuminare.

Che Salvini, diventato grande, non abbia mai superato lo choc del pupazzetto di Zorro rubato e che da qui, proprio da qui, parta il suo compulsivo ripetere da adulto: sicurezza, sicurezza, sicurezza? E che dietro i decreti Sicurezza ci sia al fondo al fondo un ridatemi il pupazzetto? Lo spessore della ricerca e analisi dietro l’Apologia hanno lo stesso valore di questa ipotesi.

LUCIO FERO