L’Interpol e la polizia uruguaiana lo aspettavano in una pizzeria di Punta Carretas nella quale hanno fatto irruzione ieri mattina con un blitz. E invece del boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito non c’è ancora alcuna traccia in Uruguay a distanza di 17 giorni dalla clamorosa e annunciata fuga dal carcere “Central” di Montevideo dello scorso 23 giugno.

Una delle piste seguite dalle forze dell’ordine in questi ultimi giorni è stata la pizzeria Eatalian Style che dopo l’irruzione e le perquisizioni di ieri ha portato all’arresto di 3 persone (due russi e un italiano) per presunto favoreggiamento nell’evasione di colui che era stato ribattezzato il “re della cocaina” di Milano. Sono finiti in manette i due proprietari del locale e anche una cuoca. Tra i proprietari c’è Nicola Gravano un italobrasiliano. Due automobili, un computer e diversi documenti sono stati sequestrati dalla polizia alla ricerca di nuove prove per il caso. Dei quattro evasi nella notte del 23 giugno solo il boss italiano rimane tuttora latitante. Gli altri tre fuggitivi sono stati infatti già catturati.

Il 26 giugno era stato intercettato a Salto l’argentino Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga. La settimana scorsa erano invece finiti in mano alle autorità uruguaiane anche Sebastian Acosta Gonzalez, in attesa di estradizione in Brasile, e Bruno Ezequiel Diaz, ricercato dalla giustizia argentina. I due sono stati arrestati a Minas. Acosta e Diaz avevano affiancato Morabito nella rocambolesca fuga attraverso la terrazza del carcere e da lì ad un appartamento al quinto piano di un edificio adiacente. Gli evasi avevano potuto contare su circa sette ore di tempo per dileguarsi prima che le autorità si accorgessero della loro assenza dal carcere.

Intanto, con un incredibile ritardo, poche ore prima del blitz nella pizzeria di Punta Carretas il ministro dell’Interno uruguaiano Eduardo Bonomi ha riferito in Parlamento convocato dall’opposizione. “Si presume che la fuga di Morabito abbia avuto un carattere doloso” ha dichiarato il ministro non aggiungendo niente di nuovo a quanto conosciuto fino ad ora. È “probabile” che ci siano stati atti di corruzione all’interno del carcere ma “non sono state trovate ancora delle prove”. Bonomi ha ammesso che si conosceva l’allarme lanciato dall’intelligence uruguaiana nel giugno del 2018 su un possibile piano di fuga del boss calabrese e per questo “sono state prese le giuste misure” ha assicurato. Nuovi particolari, intanto sulla fuga di Morabito Il direttore del carcere di Montevideo aveva affermato di aver avvisato in diverse occasioni le autorità del ministero degli Interni di un eventuale pericolo di fuga.

"Ho informato diverse volte che Morabito mi stava rendendo la vita difficile ma nessuno mi ha dato retta", aveva dichiarato Mary Gonzalez. E mesi addietro Gonzalez aveva chiesto ufficialmente il trasferimento di Morabito in un istituto della polizia nazionale, ritenuto più sicuro. "Il nostro edificio è antico, con un pò di forza le finestre che danno accesso alla terrazza si aprono, tutte cose che avevamo denunciato", ha detto Gonzalez. Secondo quanto riportato dallo stesso direttore Gonzalez, al sesto piano del carcere le condizioni dei detenuti erano assolutamente privilegiate. I quattro evasi condividevano l'intero piano e le celle erano lasciate aperte.

Solo la porta di accesso alle scale era chiusa e i detenuti sono potuti fuggire tutti da un'unica finestra scardinata della cella che dava alla terrazza. A questo si aggiunge che proprio in quei giorni, su richiesta di un tribunale, erano state ritirate tutte e sedici le videocamere di sorveglianza. L'indagine sulla clamorosa fuga di Morabito e degli altri tre evasi viene portata avanti dal pubblico ministero Rodrigo Morosoli. I sospettai numero uno sono i due poliziotti incaricati della custodia di Morabito, che al momento della fuga e nelle sette ore successive non erano dove avrebbero dovuto essere. La cerchia delle eventuali complicità si estende quindi ai sei secondini di turno quella notte nell'intera struttura.