La giustizia italiana ha ritirato il passaporto e tutti i documenti d’identità a Jorge Troccoli, l’ex militare uruguaiano condannato lo scorso 8 luglio all’ergastolo per i crimini commessi all’interno del Piano Condor. La notizia è stata diffusa dalla Presidenza della Repubblica dell’Uruguay che è stata informata nei giorni scorsi delle misure restrittive adottate dopo la sentenza emessa a Roma dalla Prima Corte d’assise d’Appello: per il sequestro e l’omicidio di 43 persone (tra cui 23 di origine italiana) commessi tra gli anni settanta e ottanta, sono stati condannati all’ergastolo 24 militari sudamericani.

Tra questi l’unico a non essere processato in contumacia è stato proprio Troccoli, ex capo dell’S2, il servizio di intelligence della Marina militare uruguaiana, trasferitosi in Italia nel 2007, prima a Marina di Camerota e poi a Battipaglia (Salerno). Una fuga organizzata per sfuggire a un processo in Uruguay e resa possibile grazie alla doppia cittadinanza ottenuta per via di un bisnonno. Troccoli non è stato un torturatore qualsiasi dato che in passato arrivò anche a giustificare il suo operato in un celebre libro ("L’ira del Leviatano") dove rivendicava le violazioni dei diritti umani nel nome della difesa della patria e dell’anticomunismo nel periodo della guerra fredda.

Andrea Speranzoni, l’avvocato che nel processo Condor ha rappresentato lo Stato uruguaiano e i familiari delle vittime, ha spiegato che "le misure sono state adottate dalla Corte di Assise di Appello di Roma su istanza della Procura generale di Roma". La decisione è stata adottata il 25 luglio. "La Corte" - ha proseguito Speranzoni- "ha ritenuto attuale e concreto il pericolo di fuga del condannato e ha ordinato le misure di ritiro dei documenti personali oltre a stabilire il divieto di espatrio".

Questa però non è l’unica notizia negativa per l’ex ufficiale della marina uruguaiana che adesso è indagato anche per due nuovi casi di "desaparecidos", due donne di origine italiana: Maria Helena Quinteros e Rafaela Filipazzi Rossini, quest’ultima originaria di Brescia. La prima fu sequestrata nell’Ambasciata venezuelana di Montevideo nel giugno 1976, la seconda nel maggio del 1977 all’hotel Hermitage di Montevideo. I resti di entrambe sono stati ritrovati ad Asunción in Paraguay.

Matteo Forciniti