Matteo Salvini ha bevuto troppi mojito? Il primo risultato netto della sua sgangherata marcia su Roma contro il governo di cui fa parte, è che da stamattina, non sarà più ministro dell’Interno. E con lui se ne andranno tutti gli altri ministri leghisti. Daranno tutti le dimissioni. Qualcuno deve aver spiegato al Bullo Padano che votare contro un governo di cui si fa parte cozza con qualsiasi logica. Nell’attesa, si fa notare che chiedere la sfiducia a Conte, senza indicare una causa precisa, un motivo, è un po’ come la mussoliniana marcia su Roma. Fatta alla buona, in Parlamento e non con i camion pieni di squadristi picchiatori (che la Lega per fortuna non ha). Detto questo, continua a ripetere come un invasato: ho piena fiducia in Mattarella.

Mattarella, per la verità, c’entra, ma non tantissimo. Per accertare se Conte, o chi per lui, dispone ancora di una maggioranza, il presidente non telefona al mago Otelma e nemmeno a Salvini: rinvia Conte alle Camere, discorso e votazione. Se passa, tutto ok. Se non passa, si prova con un altro (Cottarelli?). Questo prescrive la Costituzione e a questo Mattarella deve attenersi. L’ipotesi che Conte, o chi per lui, raccolga in Parlamento voti sufficienti a fare un governo è abbastanza alta. La Lega, quindi, all’opposizione, insieme al furbo Berlusconi e alla starnazzante Meloni.

Salvini, quindi, potrebbe passare alla storia come uno che nel momento di massimo successo ha deciso di colpo la sua stessa rovina. Ma il voto è sacro, dice Salvini, e fanno coro sicofanti vari. Vero: ma la Costituzione prevede che si voti ogni cinque anni, non ogni volta che a uno sembra di poter vincere la competizione. Da notare, forse Salvini non lo ricorda, che alle ultime elezioni politiche il Pd aveva preso persino più voti di lui. Insomma, il capo della Lega ha giocato una carta terribile, che rischia di consegnarlo all’opposizione per il resto della legislatura. Cosa che, dicono molti, aumenterà a dismisura i suoi voti. Mica detto: quattro anni sono lunghi.

E c’è il faro della magistratura. Ci sono Savoini e Siri. Infine, due parole su quegli industriali schierati pubblicamente a favore di Salvini (da Zoppas in giù). Forse, ignorate che nelle cucine della Lega si sta preparando una legge di stabilità che prevede un disavanzo non sotto il 2 per cento, ma sopra il 3,5 per cento. Roba da espulsione immediata dall’Unione europea e da spread a 500-600, che poi è quello che Salvini e i suoi vogliono.

di GIUSEPPE TURANI