Mentre un’altra marea oltre il metro e 10 allaga il centro storico e sta per terminare il novembre più "maledetto" per la città, Venezia si prepara tra silenzi e polemiche ad affrontare, domenica prossima, il quinto referendum in 40 anni per decidere se separare il proprio Comune dalla terraferma di Mestre e Marghera. Una consultazione che ha visto affievolirsi negli anni la propria portata, prima con le vittorie del "no" e poi, nell’ultima tornata, addirittura con il mancato raggiungimento del quorum. E su questo punta esplicitamente il sindaco lagunare, Luigi Brugnaro, dopo che il Consiglio di Stato a settembre aveva ribaltato la bocciatura del quesito da parte del Tar del Veneto.

Sulla scorta della decisione dei giudici amministrativi, la Regione Veneto ha velocemente indetto il referendum per il primo dicembre, ma la campagna elettorale è stata vissuta in maniera molto "soft". I promotori della consultazione accusano il primo cittadino lagunare di aver voluto silenziare la propaganda per indurre i cittadini a non andare ai seggi. Brugnaro, da parte sua, dopo aver affermato che con la separazione "la città si ferma per 10 anni", nell’ultimo è stato effettivamente impegnato in vicende più urgenti, innanzitutto l’emergenza per la grande acqua alta a 187 centimetri del 12 novembre e quelle eccezionali che l’hanno preceduta e seguita. E anche questo problema viene posto come discrimine tra centro storico e terraferma, che per i separatisti verrebbe "liberata" dal fardello di una città sovraesposta e disattenta alle esigenze delle frazioni interne.

Ma i separatisti ritengono di essere stati boicottati nel loro "diritto" alla propaganda, con ingiunzioni a ritirare gli striscioni appesi ai balconi del Canal Grande o diffide a effettuare volantinaggi durante la festa della Madonna della Salute. Proteste a cui l’amministrazione ha ribattuto richiamando le norme di legge sulla pubblicità elettorale fuori dagli spazi consentiti. Tra le forze politiche, le posizioni sono abbastanza chiare, anche se non mancano voci discordanti. Mentre le forze di maggioranza si allineano al "non voto" propugnato da Brugnaro, l’opposizione si divide tra il Pd, che invita ad andare alle urne e votare "no", e il M5S che propende per il "sì" in nome del principio del "rispetto per la volontà popolare", e protestando anche in via parlamentare sul presunto boicottaggio da parte di Brugnaro.

A sinistra la voce dissonante è quella di Felice Casson, ex candidato sindaco, che sostiene il sì alla separazione, assieme ad altri esponenti dem più a sinistra. Sullo sfondo, infine, il tentativo di dare una "spallata" al sindaco - a poco più di sei mesi dalle elezioni amministrative - cercando di superare il quorum, o comunque di dare un segnale forte con la vittoria dei sì.