Dove manca lo Stato. A Napoli spesso, quasi sempre, in alcune zone della città. Impropriamente definite "del centro storico" dai telegiornali Rai. Di una superficialità divenuta nel tempo cronica. Manca lo Stato nelle periferie di Napoli e nei quartieri a ridosso della stazione centrale. Il Borgo di Sant’Antonio, ‘o buvero per i napoletani antichi legati al dialetto arcaico, non solo mercato a cielo aperto, molto di più inferno latente e sovente manifesto. Il Borgo Sant’Antonio custode di una tradizione: quella del "cippo di Sant’Antuono". Traduzione: in serata, il 17 gennaio, si dà a fuoco di tutto. Non una pira, proprio no. Un ceppo di materiale accatastato: alberi di Natale dismessi, suppellettili e quant’altro. Cassonetti dell’immondizia compresi. Un immenso tradizionale falò, a cura degli abitanti della zona. Qualcosa di fragoroso e luminoso, ma pochi problemi. Mai un qualcosa di clamoroso veramente sopra le righe. Almeno fino all’altra sera. Quando si è verificato l’inedito. Necessaria anche qui la traduzione: l’inedito ovvero un disgustoso episodio di guerriglia urbana. Acceso da chi alla festa di Sant’Antonio? Da una baby gang, uno squallore delinquenziale di ritorno. Protagonista un gruppo di ragazzini, massimo dodici anni, ovviamente aspiranti camorristi o qualcosa di simile. Teppistelli che hanno dato l’impressione di volersi divertire pericolosamente. Muniti di spranghe, hanno dato l’assalto ai poliziotti impegnati sul posto per garantire l’ordine pubblico nell’ambito della festa. I baby delinquenti li hanno messi in fuga. La Polizia ha scelto di non reagire, niente colpi di pistola in aria a scopo intimidatorio, manganellate zero. Il Questore Giuliani ha elogiato la composta reazione dei suoi uomini. Il cippo o fuocarazzo è una tradizione di origine religiosa. Si svolge in onore appunto di Sant’Antonio. Prevede l’accensione di grossi fuochi in strada, in un largo o piazzetta, in mezzo ai palazzi. Tanto che diverse volte vigili del fuoco e polizia si ritrovano impegnati sul posto nell’opera di prevenzione e spegnimento dei roghi. Un gioco selvaggio, questa volta incarognito dalla bravata della baby gang. Ripresa da uno smartphone, l’aggressione alla Polizia è finita sul web. Il documento testimonia lanci di pietre e petardi tirati rabbiosamente da ragazzini. Tra i dieci e i dodici anni al massimo. Purtroppo, anche se i teppistelli aspiranti delinquenti fossero identificati, nessuno di loro ha l’età per essere denunciato. Si sono scambiati disposizioni a mezzo telefonino nel linguaggio tipico dei malavitosi adulti. È molto difficile, credetemi, descrivere i sentimenti che albergano nell’anima dei napoletani perbene davanti al video che mostra e denuncia i giovanissimi delinquenti all’opera. Pensieri brutti, avvilenti e avviliti, perché si tratta non solo della terza città d’Italia per numero di abitanti. Napoli è testa alle classifiche per turismo e accoglienza. Un enorme danno d’immagine, a parte il resto. L’audio dello smartphone è disgustoso, squallido, offensivo, preoccupante. Un altro mostra la sassaiola contro i vigili del fuoco intervenuti con gli idranti per spegnere uno dei fuocarazzi dell’altra notte. I baby delinquenti si scambiano espressioni di compiacimento, condendole con risate che inquietano e allarmano le nostre coscienze. Tout court, quelle dei napoletani perbene, legati da intenso amore e passione alla loro città. Napoli, per sua disgrazia, è fatta anche di ampie fasce di territorio che risentono dell’assenza dello Stato. Zone fuori controllo. Laddove le istituzioni dovrebbero avvertire il dovere/ necessità urgente di aprire gli occhi. Guardando dentro l’anima scorretta e violenta di Napoli. Sorprende come le istituzioni non si occupino delle priorità. Quelle che generano l’eterna emergenza. Tipo, l’immigrazione, il contrabbando, e molto altro. E prima di ogni altra cosa, la dispersione scolastica. Che ha raggiunto livelli preoccupanti, oltre il trentaquattro per cento. Se un ragazzo su tre non frequenta la scuola dell’obbligo, fermenta e cresce, fino a diventare facile, l’assunzione della manovalanza da parte della criminalità organizzata. Inevitabile il punto di domanda: quanti tra i componenti della baby gang in attività alla festa di Sant’Antonio andranno (o lo sono già) a ingrossare le fila della criminalità organizzata? Quasi tutti, forse. Come loro, protagonisti della bravata, si possono trovare omologhi in altri quartieri della città. Dove, superfluo ripeterlo, lo Stato è assente. I Quartieri Spagnoli, Forcella, la Sanità, il Vasto: dove i ragazzi fuggiti dalla scuola dell’obbligo crescono abbandonati a se stessi e studiano da criminali. Denunce e parole servono a poco, bisogna agire, passare ai fatti. Le istituzioni dovrebbero avvertire l’obbligo di non fingersi sordi o ciechi. E di non voltarsi dall’altra parte allargando le braccia.

FRANCO ESPOSITO