Assolto perché "il fatto non sussiste". Il provvedimento è firmato dal gup Paolo Luppi del tribunale di Imperia. Assolto il vigile di Sanremo che timbrava in slip il cartellino di ingresso al lavoro. Apriva il mercato in mutande, poi con comodo indossava la divisa. "È lecito vestirsi in orario di lavoro", ha sentenziato il giudice del tribunale di Sanremo. L’indagine ha coinvolto quarantadue dipendenti comunali. Dieci scagionati, sedici hanno patteggiato, altrettanti andranno a processo. Il caso esplode a Sanremo a ottobre 2015. Sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza finisce la forza di lavoro del Comune. Il 72% si ritrova sotto inchiesta. Grandi furbetti tutti.

Alessandro Vellani lasciava ogni giorno l’ufficio tra le tredici e le quindici per andare a fare allenamento di canottaggio. Istruttore del servizio arredi urbani, sessant’anni, medaglia d’argento ai campionati italiani, puntava all’oro nella categoria master. Condannato a un anno e sette mesi. Il tribunale di Imperia ne ha riabilitati dieci dopo il primo grado, Tra cui Alberto Muraglia, il vigile che timbrava il cartellino in mutande. "Assolto perché il fatto non sussiste, e il sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri, giura che lo riprenderebbe subito il protagonista del filmato del cartellino timbrato in slip. Lo riassumerebbe soprattutto di questi tempi, col festival della canzone alle porte.

"Valuteremo serenamente. Cinque anni fa abbiamo licenziato trentadue persone. Molte altre sono andate in pensione. Ci sono concorsi per venticinque assunzioni, tra dirigenti e dipendenti. Ma non basta: siamo sotto i novanta effettivi. Andrebbe bene anche Alberto Muraglia". Proprio lui, l’imperatore dei furbetti, icona del dipendente fannullone? Di Alberto Muraglia, ricorderete, Matteo Renzi chiese il licenziamento entro "quarantotto ore, è una questione di dignità". In chiaro imbarazzo, ora anche il sindaco di Sanremo preferisce la cautela all’azione di impeto espressa poco sopra in maniera esplicita. "Studieremo la situazione con i nostri avvocati, ma solo se si aprono spazi valuteremo".

Il primo cittadino della città rivierasca rivela di aver subito sul tema, in questi anni, pressioni pazzesche. E di aver ereditato la situazione. In fondo, aggiunge, certe cose probabilmente accadono in tanti uffici pubblici d’Italia. Pasticci come questo e anche di peggiori. "E dopo un paio di giorni l’attenzione mediatica scema sempre". A Sanremo no, anzi si è acuita. Tutta colpa di quel tipo di mutande. Alberto Muraglia, intanto ha aperto una bottega di riparazioni meccaniche. "Questa sentenza è un sollievo. La parola fine dopo anni di tortura. Ero diventato il mostro da sbattere in tv. Forse sono colpevole di malcostume, non certo di truffa ai danni dello Stato". Come detto, ha dovuto cambiare lavoro. "Entravo nel negozio dal retro, per evitare telecamere e giornalisti. Hanno patito l’inferno mia moglie e mia figlia. Adesso prevale il bisogno di ritrovare la serenità, dopo anni di menzogne che ho dovuto portare sulle spalle".

Ottobre 2015. Le immagini registrate dagli investigatori con una telecamera nascosta avevano fatto il giro del mondo. Alberto Muraglia, 53 anni ai tempi, allora custode del mercato di Sanremo e dipendente della municipalità, timbra il cartellino senza i pantaloni. Vergogna dell’Italia, urlano censori e moralisti. "Invece quello era l’alloggio di servizio. Io avevo il cambio di lavoro da custode: il mercato apriva alle cinque e trenta, alle sei cominciavo a lavorare". Ma le braghe? "C’è un tempo tuta", ed è riconosciuto dalla giurisprudenza. Si timbra, poi si indossa la divisa. "Pochi minuti dopo il mio cliente era in divisa e in servizio, come confermano le contravvenzioni elevate", spiega il legale di Muraglia, l’avvocato Alessandro Moroni. Il vigile ritiene di essere una vittima. "licenziato, sfrattato, torturato". Aveva subito impugnato il licenziamento. Potrebbe godere della reintegrazione a fine anno. Ma non è detto che punti davvero su questa soluzione. Ha trovato un lavoro tutto suo, ripara oggetti e scarta le polemiche. Pretende però il risarcimento per questi anni, stipendio e contributi, al netto di quanto ha guadagnato nel frattempo.

Dieci imputati hanno scelto il rito abbreviato. Escono in primo grado riabilitati, ma la procura farà appello, in attesa delle motivazioni. Rispettosi della sentenza che manda assolto Alberto Muraglia dall’accusa di truffa ai danni dello Stato, i magistrati accusatori (e pure i comuni cittadini) ritengono che "la bilancia finisce per pendere sempre dalla stessa parte". Chiave di lettura e morale sono queste. Il cambio delle leggi sembrava potesse assicurare che con le riforme sarebbe stata archiviata l’epoca degli abusi. E con essa anche quella dell’impunità per chi li commette. Poi, quando si arriva al dunque, la pacca sulla spalla: abbiamo scherzato. E c’è da chiedersi perché lo stato di diritto non riesca mai a tutelare fino in fondo anche la collettività. La vera unica vittima.

Franco Esposito