Alle due del pomeriggio, Stefano Buffagni intravede Ettore Rosato in un Transatlantico affollato. Lo chiama: "Ettore, basta, basta". Il riferimento è alla crisi che morde nella maggioranza. Rosato si avvicina. Le voci si fanno più basse e parte una discussione animata. L’appuntamento che Conte e Renzi si sono dati per la prossima settimana non ha abbassato la temperatura della tensione nel governo. C’è una partita che genera discordie e veleni: le nomine. Il tabellino delle distanze dice che domani sarà ancora fumata nera per quelle dei tg Rai. E quelle di Agcom e Privacy sono ancora imballate. La sottotraccia è la schizofrenia che genera solo rinvii: Pd e 5 stelle insieme, con i renziani alla porta. Ma anche alcune poltrone che non mettono d’accordo i dem e i grillini. E poi i pentastellati divisi al loro interno e i rapporti incandescenti tra il Nazareno e i renziani.

Nell’enorme spazio che costeggia l’aula di Montecitorio passeggiano tutti i protagonisti della partita. Oltre Buffagni, c’è Riccardo Fraccaro, il sottosegretario che sta tenendo le redini per il Movimento insieme al collega. C’è Dario Franceschini, l’uomo del Pd. E tra i corridoi compaiono anche i papabili nominati, come Antonello Giacomelli che i dem vorrebbero come commissario dell’Agcom. Nessuno incrocia lo sguardo dell’altro. Eccola l’immagine che fotografa la tensione che corre sotto la grande tornata delle nomine. Non ci sono i capannelli perché le intese sono ancora lontane. Ne sanno qualcosa a viale Mazzini, dove alla riunione del consiglio di amministrazione di domani era atteso un rimescolamento ai vertici dei telegiornali.

Era tutto pronto per affidare il Tg3 a Mario Orfeo, trasferire Giuseppina Paterniti dalla terza rete a Rainews24 e dare a Antonio Di Bella la direzione degli approfondimenti informativi. Ma l’amministratore delegato Fabrizio Salini ha dovuto prendere atto che la quadra trovata non ha il placet della maggioranza. Lo schema è Pd contro 5 stelle e non solo. Nella tarda serata di mercoledì, i grillini hanno detto no a questo assetto, chiedendo di dare a Paterniti l’incarico prefissato per Di Bella. I dem hanno reagito malissimo. E poi c’è chi, dentro il Movimento, non vede di buon occhio l’arrivo di Orfeo al Tg3: il capo ad interim Vito Crimi e quelli vicini a lui sono favorevoli, Luigi Di Maio no.

Impossibile procedere. Il copione politico che sottende allo stallo sull’Agcom e sul Garante per la Privacy ha elementi differenti. Pd e 5 stelle hanno raggiunto un’intesa, anticipata da Huffpost, che prevede una spartizione dei posti: un commissario Agcom a testa, un membro del Garante della privacy per ognuno. Ognuno vota i candidati dell’altro alla Camera e al Senato e i giochi sono fatti. Da questo schema, però, è rimasta fuori Italia Viva. Un renziano di primissimo livello, passeggiando tra i corridoi di Montecitorio, la mette giù così: "Ci vogliono fare fuori". Tra i grillini, invece, la faccenda viene letta in un’ottica opposta: è Renzi che solleva ogni giorno polveroni dentro la maggioranza perché vuole portare a casa un pacchetto di nomine.

La convinzione che circola tra molti parlamentari pentastellati è che i renziani vogliono almeno un commissario Agcom e la presidenza dell’Authority per i Trasporti. Altra carne su una padella già infuocata. La casella che i renziani avrebbero messo nel loro mirino è quella nella quale i dem vorrebbero collocare Giacomelli. È qui che corre la tensione tra il Pd e Italia Viva. Con i 5 stelle a ricordare ai dem che l’accordo politico siglato a luglio, e poi rivisto alcune settimane fa, prevede che o si tengono i renziani fuori oppure la quota che spetta allo stesso Pd va divisa con Italia Viva. Una fetta di parlamentari del Nazareno vuole trattare con Renzi, così come un gruppo di deputati e senatori grillini. Per questo motivo l’asse Pd-5 stelle non arriva in Parlamento.

Per questo tutto slitta. Se non si arriva al voto, spiega una fonte di governo che siede al tavolo delle trattative, non è per i numeri, ma perché forzare la mano, cioè tenere i renziani fuori, farebbe scoppiare un altro bubbone dentro una maggioranza che ogni giorno è attraversata da litigi, ricatti e diktat. Certo il tempo non è infinito, ma questo è quello che dice la fotografia odierna. È dallo schema citato poco fa che si parte. La partita più complessa è quella dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il Pd punta su Giacomelli, mentre i grillini non hanno ancora scelto chi dovrà essere il loro nome. In molti spingono quello di Emilio Carelli, deputato ed ex direttore di Skytg24, ma questo significherebbe elezioni suppletive a Ostia e il rischio di perdere un deputato. Cosa che non preoccupa chi spinge per la sua nomina dato che - è il ragionamento - "alla Camera siamo in tanti, perderne uno non è la fine del mondo".

Si arriva così a due componenti. Gli altri due spettano alle opposizioni: in pole ci sono Laura Auria in quota Forza Italia e Ginevra Ferrina Ceroni per la Lega. Così i renziani resterebbero fuori. E qui ritorna in campo il tema del pressing di Italia Viva sul Pd, la volontà di fermare la corsa di Giacomelli, che fu sottosegretario al Mise nel governo Renzi ma che oggi non ha più la fiducia dell’ex segretario del Pd. Per la presidenza, invece, Pd e 5 stelle si sono messi d’accordo su un profilo di garanzia: servono i 2/3 in Parlamento e i nomi che hanno in mente sono graditi alla Lega e a Fratelli d’Italia. Tra questi ci sono il giurista Vincenzo Zeno Zencovich e Giacomo Lasorella, già vicesegretario generale della Camera.

Per il Garante della Privacy, la linea concordata è quella di portare alla guida dell’Authority il professore Pasquale Stanzione, giurista ed ex docente di Diritto privato all’università di Salerno vicino al Pd. Ma la partita è legata a quella dell’Agcom e a tante altre partite che sono ancora aperte. Il meccanismo è inceppato. Solo un assaggio delle tensioni che già corrono dentro la maggioranza per le poltrone più importanti: Eni, Enel, Poste, Terna, Leonardo, Enav. La temperatura, lì, è ancora più bollente.

GIUSEPPE COLOMBO