L’invito di Trump a curare il virus con iniezioni di disinfettanti e bagni di sole che ha inorridito i responsabili della salute e ha provocato lo stop delle conferenze stampa alla Casa bianca, in realtà porta in superficie le gravi deficienze della politica presidenziale di fronte alla società americana nel momento della crisi. Trump non ha governato né la crisi sanitaria né la crisi economica. La sua incompetenza politica congiunta al narcisismo populista ancora più accentuato del passato - “sono una persona molto smart, un genio equilibrato” – sta producendo effetti devastanti sulla società americana. Il presidente disprezza quell’unità nazionale che gli americani erano soliti accettare intorno al leader nelle crisi. Il giudizio di “Time” su Trump al momento dell’elezione -“gli Stati disuniti d’America”- si è rinsaldato anche quando sarebbe stato necessario un atteggiamento diverso senza discriminazione tra “noi” e “loro”.

Stati e municipalità si contrappongono a Washington, scienziati e competenti prendono le distanze dal presidente, gruppi di estremisti di destra solleticati dal presidente scendono in piazza armati contro i provvedimenti dei governatori. Esplodono le diseguaglianze. La storia degli Stati Uniti insegna che quando sono emerse le contraddizioni della società benestante, i presidenti hanno saputo affrontarle. Nonostante la massa di denaro immessa nell’economia in preferenza nelle mani del grande business, Trump non ha ipotizzato alcun piano per contrastare la povertà che tuttora confina alla marginalità più di un decimo degli americani e respinge ai margini gli immigrati. Non parlo solo dell’assistenza sanitaria ma anche di abitazioni, trasporti, e di altre strutture pubbliche del paese più ricco del mondo.

Il consenso alla presidenza - misurato dai sondaggi dal favore del 45/46% contro la disapprovazione del 54/55% degli americani - indica che tuttora i sostenitori di Trump sono una minoranza compatta e resistente nonostante le prove contraddittorie che si sono susseguite Come in ogni manuale dell’autoritarismo, Trump punta la propaganda per le elezioni sulla enfatizzazione del nemico, la Cina, chiamata in causa per un risarcimento addirittura dal governatore trumpiano del Missouri. Certo, la Cina è la grande ombra e molti sono gli interrogativi che l’occidente deve porsi. Ma l’uso strumentale dell’antagonista come “nemico” al fine di oscurare le inefficienze di casa propria, rischia di alimentare anche in America la voglia della mano forte che è l’unico modello che i cinesi possono esportare.

MASSIMO TEODORI