Tutti a parlare della casta della politica, ma chi si occupa della vera casta che ha reso l’Italia un Paese inefficiente ed arretrato? Ora la riforma principale del MoVimento 5 Stelle, il taglio dei parlamentari, sta per vedere la luce, contro quella che definiscono una policy scellera-
ta e antiparlamentare. Ma è veramente così? Innanzitutto, per il MoVimento 5 Stelle il taglio dei parlamentari non è una riforma, ma LA riforma per eccellenza, perché non è esagerato ritenere il MoVimento,almeno all'origine, un partito single-issue, che aveva cioè fatto della lotta ai costi della politica la sua unica bandiera.
La riforma grillina potrà essere imperfetta, ma ritenere che prima andava tutto bene sembra perlomeno esagerato. Vale la pena ricordare che senza il successo del libro dei giornalisti Stella e Rizzo "la Casta", probabilmente, il MoVimento 5 Stelle non avrebbe mai avuto quei successi che conosciamo.
Che la politica in Italia si fosse trasformata in un sistema di privilegi autoreferenziale è quindi abbastanza verosimile e, per questo, non c'è da stupirsi che la maggioranza degli italiani la pensi così e tanti partiti siano stati costretti ad assentire a questa riforma obtorto collo. Ovviamente, il taglio dei parlamentari pone delle questioni.
Esiste un problema di rappresentanza del sistema politico, qualora non si approvasse una legge elettorale che accompagnasse il taglio dei parlamentari.
Parlamentari che oggi vengono nominati dalle segreterie, non certo eletti dai cittadini. Ma, in definitiva, l'errore più grande del MoVimento è un altro: avere ingigantito il ruolo del Parlamento nelle disfunzioni del sistema politico italiano.
Viviamo in assetti politici tendenzialmente tecnocratici, ciò che Colin Crouch ha definito postdemocrazia, dove i centri decisionali si sono spostati dal Parlamento in favore di strutture transnazionali anonime e potentati finanziari. Patti di stabilità e Authority 'governano' di più del Parlamento.
La vera casta, dunque, non sono più i politici, ma quei grigi burocrati non eletti da nessuno che nel buio dei propri uffici decidono le sorti degli italiani, adottano atti amministrativi che incidono sulle vite delle persone, accumulano privilegi di cui siamo tutti all'oscuro.
Quanto più il potere politico si indebolisce, tanto più la forza dei burocrati aumenta. Il MoVimento, dunque, sovrastimando la forza della politica, si è completamente dimenticato di quella burocrazia, le famose "manine" che in questi anni di governo ha imparato invece dolorosamente a conoscere. I tempi lunghissimi per aprire un’attività produttiva in Italia non si devono al sindaco o al parlamentare, ma al potere della burocrazia, che costa ogni anno 31 miliardi alle imprese, secondo la Cgia di Mestre.
Gli ultimi dati della Banca Mondiale, ci dicono che tra i 19 Paesi dell’Area Euro, l’Italia si posiziona al 14° posto della classifica generale sulla facilità di fare impresa. Fra le cause, la Pa inefficiente è al primo posto. Rispetto a questo problema, il MoVimento 5 Stelle è completamente afono. Anzi, occhieggiando ai voti della funzione pubblica, a quelle politiche come la stabilizzazione degli LSU e dei precari, gli incentivi allo smartworking per la PA e altri benefit, va esattamente nella direzione opposta. Quella di aumentare i privilegi della burocrazia italiana, i cui tassi di produttività sono i più bassi in Europa.
Secondo il «Compendio degli indicatori sulla produttività» dell'Ocse, la Pa italiana tra il 2010 e il 2016 è fanalino di coda in produttività, intesa come Pil per ora lavorata, con un tasso medio annuo dello 0,14%; il dato peggiore dopo quello della Grecia (-1,09%). La verità, dunque, è che la lotta controi costi e le inefficienze di politica e burocrazia è campale.
Una battaglia che non è populista, ma che andrebbe invece fatta senza populismo. Incidendo veramente su quei bubboni che ci allontanano dal novero delle
democrazie efficienti. Vogliamo parlare anche di questo?

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