Come era ampiamente prevedibile, la schiacciante vittoria del sì al referendum costituzionale porta adesso a una serie di domande sul futuro della rappresentanza degli italiani all’estero che da oggi sarà ulteriormente ridotta. Andando nello specifico, quali conseguenze avrà il voto per un paese come l’Uruguay che era già di per sé snobbato dalla rappresentanza ufficiale? Se fino ad ora le cose sono andate abbastanza male adesso cosa succederà? I rappresentanti della collettività italiana non sono sorpresi, tutt’altro. Si è verificato esattamente quello che temevano e che avevano ripetutamente denunciato.

"È stato un voto anormale" ripete il presidente del Comites di Montevideo Alessandro Maggi anticipando che l’argomento sarà affrontato nel corso della prossima seduta dell’organismo che si svolgerà la prossima settimana. "Tanto in Italia come all’estero l’affluenza è stata bassissima. Evidentemente non tutti hanno potuto votare". Sono due, secondo Maggi, i fattori che hanno inciso pesantemente sulla scarsa partecipazione: innanzitutto la pandemia che "in alcuni paesi è in fase molto avanzata" e poi "l’assenza di una campagna informativa che avrebbe aiutato gli elettori a comprendere il significato del voto".

"Questo aspetto mi sembra fondamentale, al di là delle posizioni, il referendum si sarebbe dovuto rinviare per assicurare pienamente il diritto di partecipazione. In Uruguay questa volta i plichi sono arrivati in tempo tuttavia l’informazione è stata totalmente insufficiente dato che ci sono state solo pubblicazioni sulla pagina web dell’Ambasciata e nient’altro". Entrando poi nel merito del risultato, Maggi è convito che questo voto segna un duro colpo alla rappresentanza degli italiani all’estero: "Si tratta di un taglio totalmente populista e indiscriminato che punisce i partiti e il Parlamento e che inciderà negativamente sugli italiani all’estero. Per noi italouruguaiani la situazione sarà ancora peggiore. Se il vero motivo era il risparmio sarebbe stato più facile abbassare gli stipendi ma evidentemente c’era una volontà politica precisa. Speriamo solo che il referendum non porterà ulteriori tagli agli organismi di rappresentanza e alle politiche a favore degli italiani nel mondo".

"Brutto segnale, l’ennesimo" commenta la consigliera del Comites Filomena Narducci. "Negli ultimi anni ci sono stati tanti segnali preoccupanti nei confronti del mondo dell’emigrazione che rafforzano l’idea di far sparire certi diritti: il taglio ai membri del Cgie, le ultime elezioni del Comites con l’opzione inversa e adesso la riduzione del numero di parlamentari in un voto che dimostra il rifiuto della gente verso la politica nell’ottica di una diminuzione della democrazia. Avendo votato in queste condizioni, poi, tra pandemia e assenza di informazioni, è stato ancora più allarmante". Dubbi che si manifestano anche sull’organizzazione del voto in Uruguay che dovrà essere analizzato: "Bisognerà capire quanti plichi sono arrivati in Ambasciata dopo la scadenza perché le informazioni sulla restituzione delle buste presso i locali di Abitab possono aver potuto creare confusione tra gli elettori".

"L’unica speranza per il futuro sarà la riorganizzazione di tutto il sistema della rappresentanza". Il consigliere uruguaiano del Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) Renato Palermo insiste su questo punto: "Se prima l’Uruguay aveva poche possibilità di eleggere un suo rappresentante in Parlamento, figuriamoci adesso. Io però credo che si debba guardare oltre la rappresentanza parlamentare e potenziare tanto i Comites come il Cgie per avere un sistema strutturato a più livelli e maggiormente collegato che possa davvero far valere i diritti dei connazionali nel mondo. I Comites come organo più vicino alla popolazione e poi il Cgie come struttura intermedia che possa facilitare il lavoro dei parlamentari, un obiettivo questo ancora più evidente con la vittoria del sì al referendum. Una proposta di riforma della rappresentanza è stata già fatta in passato dal Cgie, vedremo cosa deciderà il Parlamento".

Palermo individua due motivazioni nel trionfo del sì alla riforma che taglia il numero dei parlamentari: "La sfiducia nella classe politica e poi anche la qualità dei rappresentati. Quest’ultimo discorso è ancora più evidente nel caso degli eletti che abbiamo avuto in America Latina in questi anni. Bisogna essere onesti, abbiamo scelto dei rappresentanti che non esistono". Altro fattore che ha pesantemente inciso sulla partecipazione, in Uruguay come altrove, è stata "la pochissima informazione data dalle istituzioni italiane". "Non so quante risorse siano giunte alla nostra Ambasciata per promuovere il referendum" -conclude Palermo- "immagino che siano state poche ma in ogni caso sono state totalmente insufficienti per fomentare la partecipazione".

Matteo Forciniti