Il disobbediente e l’incavolato.

Attilio Fontana leghista governatore della Lombardia il grande disobbediente, Matteo Salvini segretario della Lega con l’alterigia e l’arroganza del numero uno critico verso il presidente regionale. Fontana accusato di non aver rispettato i patti; non accolto l’ordine di Salvini di pazientare ancora prima di annunciare il coprifuoco in Lombardia. Lesa maestà o che cosa? Il presidente regionale è più alto in grado rispetto alla segreteria di partito. O forse Salvini pensa, si illudeva, di essere ancora alla guida del ministero degli Interni? La decisione sul coprifuoco non condivisa dal segretario leghista. I patti erano altri, protesta Salvini, convinto di essere stato chiaro, di aver dato ordini precisi al governatore collega di partito. C’è stato un faccia a faccia tra i due lunedì in un locale del centro, a Milano. "La Regione non può caricarsi in via esclusiva delle responsabilità di una stretta che incide sulla qualità della vita dei cittadini", e Salvini aveva suggerito al suo governatore "non vorrei più leggere la parola coprifuoco". Invece è coprifuoco, papale papale. Laddove il presidente della Lombardia, la regione più segnata dalla nuova esplosione di contagi, si è detto inizialmente d’accordo. Già critica la situazione all’inizio della settimana, in quel momento ancora non si era materializzato il raddoppio dei casi in un solo giorno.

Ma il punto critico, l’iceberg, è diventato chiaro mercoledì sera. 4.126 casi positivi, 1.858 soltanto a Milano. Salvini, ovviamente, ne faceva anche una questione politica. Il premier Conte destinatario del messaggio del segretario leghista. "Non ci sta coinvolgendo in nessun passaggio, nemmeno sulle misure dell’ultimo Dpcm, ora non possono essere le regioni a togliergli le castagne dal fuoco". Il succo del messaggio era questo, più meno: ci pensino i comuni a fare le ordinanze, anche in Lombardia, ci pensino i sindaci soprattutto quelli di amministrazioni di centrodestra. Un ragionamento per nulla campato in aria, dal punto di vista politico di Salvini. La situazione sfugge però a ogni controllo politico nelle successive 24 ore. In mezza giornata, il governatore Fontana interpella i sindaci dei capoluoghi, prende coscienza della gravità della situazione e dell’impennata della curva dei contagi. E con il sostegno, l’avallo dei primi cittadini dei comuni della Lombardia scrive l’ordinanza che, di fatto, introduce il coprifuoco. La parola, in realtà, non viene pronunciata, nessuno la usa. Ma in buona sostanza di coprifuoco si tratta.

In Lombardia viene introdotto il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5 del mattino. Il provvedimento viene inviato nelle prime ore della sera al ministero della Salute. Dove verrà controfirmato mercoledì mattina dal ministro Roberto Speranza. Salvini tenuto all’oscuro, non informato in via preventiva del documento. Conseguente l’esplosione di ira. "Voglio vederci chiaro", dice davanti alle telecamere. Pare l’abbia presa molto male, almeno questo raccontano persone a lui vicine. Ma va addirittura peggio nei momenti successivi alla grande disubbidienza del governatore. Salvini chiede conto e ragione a Fontana. La risposta del presidente regionale? L’atto era formalmente solo della Regione Lombardia e che la richiesta era stata formulata dai sindaci dei comuni della regione. "La mia firma è solo un atto dovuto", avrebbe risposto Fontana. La spiegazione però non convince Salvini, e non poteva essere altrimenti, dal suo punto di vista. Voci di dentro raccontano di un tentativo di Salvini di fermare l’ordinanza di Fontana e addirittura di voler mettere bocca sul merito delle misure.

E qui Pd e M5S hanno sparso accuse. "A che titolo interviene Salvini? Vuole bloccare le restrizioni per fare propaganda". La risposta del segretario leghista non si è fatta attendere. "Non l’avrei fatto mai". E nei novanta minuti di incontri video in Lombardia, ai suoi, dal governatore agli assessori fino ai consiglieri ha chiesto "maggiore coordinamento", e non altro, giurando sulle persone più care. Ma il fatto è un altro, vero, reale. Dopo l’incidente Fontana-Salvini, all’interno della Lega è sceso il gelo. Un film già visto, a Milano e pure a Roma. Come quando, in pieno lockdown, il partito è stato letteralmente strapazzato. Comunicazioni ondivaghe, contraddittorie e quant’altro alla base delle crisi che hanno provocato evidenti poderose lesioni. Fontana è apparso dispiaciuto ma anche provato per quello che ha definito "un equivoco" col capo Salvini.

E in tutto il can-can manifesto e rumoroso esploso in questa circostanza si è registrato il silenzio di Luca Zaia. Il governatore del Veneto non ha inteso mettere becco nella questione che ha riguardato competenze e territorio non suoi. Ma dietro i silenzi – sostengono persone vicine a Zaia – domina la convinzione assoluta che le decisioni devono essere adottate solo da chi amministra, col concorso degli scienziati ed esperti e esclusivamente per ragioni sanitarie. Come dire, Salvini vada pure a scopare il mare. Le ordinanze di Fontana rischiano addirittura di rivelarsi vecchie nelle prossime ore. Altro che coprifuoco, a Milano l’incubo incombente purtroppo è il lockdown.

FRANCO ESPOSITO