Mentre l’Italia amministrativa sta ancora decidendo cosa fare in tema di pandemia e di monopattini, la ricerca tecnologica ha raggiunto traguardi fondamentali verso la decarbonizzazione dell’atmosfera. Uno dei percorsi di studio in particolare si è rivelato elemento chiave per salvaguardia dell’ambiente: l’utilizzo ordinario dell’idrogeno sarà disponibile non tra pochi anni ma già domani. Tanto per fare degli esempi, Toyota ha già pronta un’auto di serie, la Mirai, alimentata con questo gas a zero emissioni nocive e un tempo di ricarica completa di circa sei minuti; Hyundai sta facendo un percorso molto simile con ottimi risultati; in Germania è in servizio ordinario un treno, il Coradia Lint, con lo stesso sistema di base; in Italia alcuni sottomarini della Marina militare costruiti da Fincantieri come lo Scirè e il Romeo Romei sono in servizio da anni con i nuovi motori, mentre la Iveco, del gruppo Fiat, sta lavorando ad autotreni ibridi con trazione a idrogeno ed elettrica e, ancora, il pastificio "Orogiallo" di Contursi Terme, in provincia di Salerno, produce utilizzando questo elemento. A Fukushima, in Giappone, è stato appena inaugurato un impianto di produzione di idrogeno alimentato a energia solare.

Si tratta di un insieme di informazioni portate alla luce dei media anche grazie al recentissimo libro edito da Mondadori "Rivoluzione Idrogeno", scritto da Marco Alvarà, amministratore delegato di Snam Spa, e bestseller tra i saggi di divulgazione scientifica, che ha riaperto il dibattito sullo sviluppo sostenibile del pianeta proponendo ulteriori realizzazioni nell'arco di pochi anni. Proprio la Snam ha comunicato ufficialmente lo scorso 22 ottobre di aver un accordo di collaborazione e investimento con la Itm Power Plc, produttore britannica di elettrolizzatori, che rappresenta uno snodo cruciale per lo sviluppo dell’idrogeno verde. Del resto da pochi mesi l’Europa ha presentato il progetto Ech2a– European clean hydrogen alleance – per uniformare e unire le varie aziende che operano nel settore di produzione, distribuzione e utilizzo dell’idrogeno. Nel nostro Paese si potrebbe anche pensare a non fermare le acciaierie come l’Ilva, sostituendo il tipo di energia utilizzata o abbattere i fattori di inquinamento che provengono dal riscaldamento delle nostre case.

In effetti, se qualcuno non lo ricordasse, durante il lockdown primaverile con il conseguente fermo della circolazione dei veicoli a motore, i livelli di pm 10 e pm 2,5 sono rimasti praticamente inalterati, come pure l’ossido di azoto che ha avuto una significativa riduzione. L’origine di questi livelli, quindi, va cercata altrove e non si risolve con il blocco della mobilità, con multe che fanno spesso da fondo cassa per tanti Comuni, ma con interventi diversi orientati magari verso le emissioni di ammoniaca nell’agricoltura. Anche il mondo dell’elettrico va letto in altro modo sia per gli aspetti della produzione sia per lo smaltimento dei residui finali. L’energia elettrica è prodotta ancor oggi con sistemi diversi ma una batteria esausta si disperde nell’ambiente in circa 200 anni. L’utilizzo e l’abbandono poi dei vari materiali è destinato a essere uno dei più violenti fattori inquinanti della Terra, se non viene potenziata in anticipo la rete di riciclo dei componenti. In particolare il litio, definito "il petrolio del futuro" presente anche nelle batterie dei telefonini, viene da miniere del Cile, Bolivia, Messico, Congo, Cina e Afghanistan. Sono luoghi dove non sempre i lavoratori hanno compensi paragonabili ai nostri, dove spesso è presente lo sfruttamento del lavoro anche minorile e, in qualche caso, creano dubbi sulle vere motivazioni di conflitti ancora aperti.

Le campagne di raccolta fondi o le tante mediaticamente benedette onlus non si sono mai espresse o impegnate contro queste situazioni. Se davvero si tiene all’ambiente, anche i metodi di estrazione e di lavorazione del litio dovrebbero essere monitorate. A questa descrizione vanno aggiunte anche le imprese italiane di pulizia e la produzione di detergenti che oggi orientate per forza di cose, anzi, per forza di Covid, alla sanificazione, già da anni sono tra le principali aziende specializzate nella cura e la manutenzione dei pannelli solari con incarichi in tutto il mondo. Basti pensare al deserto sahariano che ospita ettari di pannelli in grado di produrre enorme quantità di energia e che necessitano di tecnici per la loro manutenzione. È di questa preparazione che il futuro del nostro mondo ha bisogno ma i nostri ragazzi nell’ultimo anno si sono iscritti in maggioranza a medicina, secondo la logica – senza nulla togliere al valore della scienza medica – dell’assistenzialismo o del posto fisso, molto meno a farmacia, a chimica, biochimica o altri settori tecnologici per non parlare poi di sociologia. Casomai, la tendenza imperante è per i corsi di ripresa con il telefonino e soprattutto per la social-logia, con corsi on line dove titolare di cattedra è Chiara Ferragni.

A proposito di Università e scienziati, non poteva tralasciare il problema della plastica: anche con questo materiale è possibile produrre idrogeno. Come ha segnalato il Times del 17 ottobre il professor Peter Edwards dell’Università di Oxford, ha sperimentato proprio la produzione di idrogeno bombardando con microonde la plastica e riuscendo a scindere, in parole povere, idrogeno e carbonio. Questa cosa cambierebbe radicalmente i presupposti dei progetti nazionali di sostenibilità ambientale e soprattutto lascerebbe senza lavoro non solo gli ecologisti di professione, ma anche i creatori di eventi "per sensibilizzare l’opinione pubblica" sui cambiamenti climatici. In questo desolante panorama di esaltazione dei monopattini, delle biciclette elettriche delle auto ibride e via dicendo, si propongono troppi personaggi ingenui e impreparati con zero titoli, convinti purtroppo di essere gli eletti e i depositari dell'unico metodo possibile per il benessere di un mondo inesorabilmente raccontato come ormai in terapia intensiva. Non è così: industria, impresa e ricerca sono andate avanti senza la luce dei riflettori mediatici. Se qualcuno ha detto che il futuro è in un libro, è probabile che molti dei nostri politici, magari convinti che il Recovery plane sia un fondo per i ricoveri ospedalieri, abbiano letto quello sbagliato. Invece di affollare le sale dove, alla riapertura, verrà proiettato il documentario canadese su Greta Thunberg, santificata dalla cinematografia contemporanea con l’uscita ufficiale del filmato il 16 ottobre 2020, si consiglia invece e vivamente la lettura (con il conseguente tentativo di comprensione) almeno del libro di Marco Alverà perché, come diceva il campione Gino Bartali, uno che di biciclette, non elettriche, se ne intendeva in fatto di difesa dell’ambiente, "l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare".

QUINTINO DI MARCO