Con una memoria indirizzata alla Commissione Lavoro del Senato, che è stata appena depositata anche sul sito, l’Autorità Garante della Privacy Antonello Soro solleva una serie di questioni sulle norme che regolano il reddito di cittadinanza.

Le obiezioni di maggior peso riguardano il monitoraggio delle spese e degli acquisti effettuati con la carta Rdc, e la disciplina di rilascio delle attestazioni Isee. Come è noto, la somma mensile deve essere spesa interamente ma per acquisti leciti: vietato, per esempio, partecipare a giochi che prevedano vincite in danaro o altre utilità. Il problema è che per far valere questo divieto è necessario che qualcuno effettui una verifica minuziosa delle spese.

Il Garante della Privacy pertanto nutre consistenti perplessità sulla “disposizione che attribuisce agli operatori dei centri per l’impiego e dei servizi comunali la funzione di monitoraggio dei consumi e dei comportamenti dei beneficiari, nonché di valutazione di eventuali anomalie dalle quali si possa dedurre l’insussistenza dei requisiti dichiarati”.

Una sorta di “controllo puntuale sulle scelte di consumo individuali”, che impone ai beneficiari del reddito di cittadinanza una forma di tutoraggio, di vaglio della opportunità e della liceità dei loro acquisti , “in palese contrasto con le garanzie sancite dalla disciplina di protezione dati”, ma ancor di più con “i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini”.

Ma il ministero del Lavoro smentisce a CorCom la notizia secondo cui il portale non sarebbe a norma con il Gpdr e altre regole sulla tutela dei dati. Nei giorni scorsi il sito dell’Rdc era finito nel mirino dopo che l’esperto di cybesecurity, Matteo Flora, che rilevava la mancaza di un’informativa sulla privacy nonché la possibilità che i dati dei cittadini passassero nelle mani di enti terzi (di Google nello specifico).

“La privacy policy è riferita al ministero del Lavoro e delle politiche sociali che è il titolare dei dati trattati dal sito del reddito di cittadinanza – spiegano invece dal Mise – Inoltre Google web fonts è un font previsto dalle Linee Guida Agid per la redazione dei siti web delle pubbliche amministrazioni”.

“Il servizio di visualizzazione di stili di carattere, gestito da Google, che permette al sito web di integrare tali contenuti all’interno delle proprie pagine – puntualizza lo staff di Di Maio – non prevede alcuna autenticazione e nessun cookie viene inviato dai visitatori del sito web alle fonts Api. La circostanza è dichiarata nelle policy di Google che escludono la memorizzazione dei dati di navigazione”.