Budapest nuova capitale economica italiana? Cosi sembra, almeno analizzando i dati  recentissimi che confermano il numero esponenziale di aziende nostrane che operano in Ungheria. Dati da capogiro. Un impresa al giorno. Si trasforma dunque il quartiere
italiano della capitale. Ristoranti e bar tricolori lasciano il posto a fabbriche di piccole, medie e grandi dimensioni a guida italiana (circa 1.800 aziende). In tutto il Paese si contano oltre 2.800 aziende tricolore, il 62% delle quali ha trovato sede proprio a Budapest. Una migrazione di imprese non da poco che pero’solleva numerosi interrogativi. Primo
tra tutti lo spostamento di lavoro dall’Italia verso un altro paese. Un paese europeo. E proprio in Europa non dovrebbe esserci competizione cosi forte da ledere gli interessi dei paesi membri. Ma l’Ungheria viaggia ormai da anni su binari opposti alle politiche comunitarie. Il primo ministro Victor Orbán leader del partito al governo Fidesz (Unione
Civica Ungherese) si e’ fatto portavoce e promotore di leggi approvate in parlamento che hanno creato un sistema di tribunali parallelo e governativo, e di una riforma del lavoro definita "legge sulla schiavitù". Due leggi molto controverse che hanno attirato critiche da tutta Europa oltre che proteste della popolazione. Ma è la legge sul lavoro oltre che a
vantaggiosi sgravi fiscali che forse ha motivato di più gli imprenditori italiani a spostarsi verso il paese. E i dati lo confermano. Nel 2010 le aziende italiane in Ungheria crescevano a un ritmo di 10 o 15 al mese, nel 2018 a quello di una al giorno.
"Nel solo dicembre 2018 sono nate circa 50 aziende, ma è ancora presto per capire se si è trattato di un episodio o siamo di fronte a un trend stabile". Commenta Alessandro Farina, imprenditore a capo del Gruppo Itl. Arrivato in Ungheria quando il Paese non era ancora parte dell’UE, nel lontano 1992. Oggi Farina guida una società che accompagna lo sviluppo delle aziende italiane sul mercato. I dati impressionanti sul progressivo sviluppo di imprese tricolori in Ungheria vengono dal database del Gruppo Itl. Proprio lì sono raccolte e catalogate le 2.875 imprese presenti sul territorio ungherese, per un totale di 26.000 posti di lavoro.
Pionieri in questo campo, come in molti altri quando si tratta di industria, sono stati gli imprenditori del Nord-Est, che hanno cominciato a mettere radici nel Paese sin dai primi anni ’90. Nel tempo il processo si è consolidato. Grazie a una serie di fattori concomitanti: la crisi economica del 2008, l’aumento della conoscenza del Paese da parte dei nostri imprenditori e, non ultimo, un importante vantaggio fiscale.
L’imposta sul reddito delle società, infatti, ammonta al 9%. Impressionante se paragonata a quella italiana. A questo si aggiunge un’imposta locale che è una copia quasi esatta dell’Irap, pari al 2%, e un Irpef al 15%.Il sistema fiscale si impernia su un’aliquota unica. Tutti, in poche parole, pagano il 9%, che si tratti di micro imprenditori o di colossi.
Lo stesso dicasi per l’Irpef.L’imposta sul reddito delle società in Ungheria è infatti tra le più basse dell’Unione Europea. Lo confermano i dati UE. Al lordo delle tasse locali (come il nostro Irap, ndr), gli imprenditori in Ungheria pagano il 10,8%. Un motivo piu
che valido per spostare le attività nel paese dell’est.
Ma quali le aziende italiane che si trasferiscono? Cosa producono prevalentemente? Innanzitutto un dato su tutti. Le aziende italiane in Ungheria sono perlopiù piccole e medie imprese. Il settore trainante è sicuramente quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio. Con dati da capogiro. Si contano infatti nel settore citato in tutto 1.066 imprese. Seguono
poi le attività immobiliari (435), manifatturiere (336) e professionali (291).Le imprese con oltre 250 dipendenti sono solo lo 0,5% del totale, una riproduzione quasi perfetta di quanto avviene in Italia.
Tra i marchi italiani noti troviamo Calzedonia, Fiat, Ferrero, Selex e Prysmian. Tutte eccellenze tricolori che ormai non producono più nel Belpaese. La gran parte delle aziende produttive esporta prevalentemente verso la casa madre. Altre, invece, arrivano qui con fini prettamente commerciali, alla ricerca di uno sbocco sul mercato".Tra i casi di successo quello del Gruppo Oms Besser, attivo nel settore dello stampaggio plastico. Il Gruppo
lombardo ha trovato in Ungheria un terreno fertile per i propri affari e ricco di multinazionali con esigenze di stampaggio di precisione. Anche l’azienda Kometà si e fatto strada in Ungheria. Attiva nel settore della macellazione di carne suina, oggi l’impresa è tra le più grandi del Paese in termini di mercato. Se le misure adottate dal governo strizzano l’occhio agli imprenditori, l’altra faccia della medaglia è però una politica aggressiva nei
confronti del consumatore, con un’Iva al 27% (che si riduce al 5% per alcuni prodotti di prima necessità, ndr). I salari dei lavoratori, inoltre, rimangono tra i più bassi dell’UE, ancorati a una media di circa 650 euro al mese.
Insomma un bengodi per gli imprenditori italiani che risparmiano su tasse e lavoro. Ma quanto durerà questo piccolo paradiso dell’Est per le imprese? I giorni di gloria del primo ministro ungherese Viktor Orbán sembrano essere contati. Almeno in Europa. E’ recentissima la sospensione del suo partito (Fidesz) dal PPE. Nella pratica significa che Fidesz non potrà più presentare suoi candidati per gli incarichi di partito, non potrà più votare in nessuna delle assemblee del PPE e non potrà nemmeno partecipare agli incontri del partito. Un primo passo verso l’espulsione. Certamente in sede Europea si impone nel futuro una riflessione sullo status Ungherese. Non essendo tollerabile l’incoraggiamento di politiche nazionali svantaggiose per altri paesi membri. Staremo a vedere…Intanto a Budapest si parla sempre piu italiano…

Margareth Porpiglia