L’Inca (Istituto Nazionale Confederale di Assistenza) è il patronato della Cgil ed è presente in Uruguay dal 1984. È uno degli enti di assistenza più grandi che ci sono nel paese e la sua sede si trova a Montevideo in avenida Garibaldi a poca distanza dalla Casa degli Italiani. Lo visitiamo tra il via vai di gente che viene a chiedere le più diverse informazioni: cittadinanza, pratiche pensionistiche e quant’altro. "I patronati sono un punto di riferimento per le collettività italiane all’estero" dice il responsabile dell’Inca Renato Palermo che è anche rappresentante uruguaiano nel Cgie e consigliere del Comites di Montevideo.

La sua militanza sindacale è cominciata all’interno dell’Inca in Argentina ed è poi proseguita al suo ritorno in Uruguay dove a partire dal 2001 ha assunto la guida del patronato che oltre alle normali attività organizza anche diversi corsi tra cui quelli di lingua e quelli di formazione. "All’epoca"- ricorda Palermo- "la domanda era impressionante, avevamo tantissimi assistiti. C’è da considerare anche il fatto che l’Italia ha concesso diritti pensionistici molto generosi agli emigrati. Oggi come allora continuiamo a coprire tutte quelle che sono le necessità dei cittadini, la maggior parte del lavoro si concentra sulle pensioni, la previdenza sociale e ovviamente la cittadinanza che è sempre la cosa più richiesta. Il consolato ha un sistema rigido, qui invece la gente entra con più facilità".

Bisogna partire proprio da quest’ultimo punto per analizzare il lavoro del patronato e il suo stretto contatto con le autorità consolari: "Abbiamo un rapporto dinamico che con il tempo si è trasformato. Prima facevamo praticamente tutto noi finché un giorno consegnammo tutta la documentazione raccolta al Consolato dato che non avevamo più spazio per conservare i documenti. Continuiamo a fare praticamente tutto ma senza essere regolarizzati". Anche questa è una delle grandi contraddizioni che si inserisce a pieno titolo nei problemi delle politiche per gli italiani all’estero. Di un possibile accordo con il ministero degli Esteri se ne parla da anni ma non esiste ancora nulla di concreto: "Noi vogliamo solo che si regolarizzi un lavoro che si sta già facendo, stabilendo competenze precise per collaborare insieme. C’è un problema di fondo politico e sindacale dato che alcuni sindacati del Ministero si oppongono all’accordo".

Negli ultimi anni il peggioramento dei servizi consolari ha portato i patronati a coprire queste necessità seguendo le richieste dei cittadini. In primis c’è il sistema on line per gli appuntamenti che genera difficoltà specialmente tra i più anziani e chi ha poca dimestichezza con la tecnologia. "A volte ci chiedono di seguire tutta la prenotazione quindi dobbiamo creare un indirizzo mail e poi cercare una data libera nel sistema on line. Spieghiamo sempre come fare ma a volte lo facciamo noi direttamente perché ce lo chiedono". Secondo Palermo una delle possibili soluzioni al problema potrebbe essere quella di riservare un certo numero di appuntamenti al mese ai patronati, "questa misura consentirebbe di alleggerire il carico di lavoro e soprattutto di applicarlo con una certa razionalità favorendo i più svantaggiati. Tutto questo lo facciamo già quando noi segnaliamo i casi più problematici alle autorità".

Le visite che riceve quotidianamente il patronato Inca oscillano in media tre le sei e le sette. Circa 700 sono invece le pratiche pensionistiche che sono state seguite nell’ultimo anno. Un numero, quest’ultimo, che è in costante diminuzione e che lascia una serie di interrogativi su quali possano essere le nuove funzioni di questi istituti alla luce dei tempi attuali con le sue trasformazioni. C’è chiaramente "l’interesse" nel seguire il fenomeno della nuova emigrazione anche se i numeri in Uruguay sono ancora troppo bassi: "Questo è un tema che noi seguiamo molto da vicino come dimostra anche l’apertura di uno sportello dell’Inca in Argentina per assistere i nuovi arrivati. Qui abbiamo tutte le condizioni per poterlo ripetere ma i numeri sono bassi anche se qualcosa l’abbiamo fatta. Un’altra particolarità che abbiamo notato è che la nuova emigrazione è abbastanza autonoma e autosufficiente e non viene al patronato".

Matteo Forciniti