Ascolti Rai in crisi. Il flop dello Speciale Tg1 sui bombardamenti ordinati da Erdogan e la guerra in Siria. Uno share ridicolo, il 7%, quasi tre volte meno di "Porta a Porta", monopolizzata dal presunto ring occupato da Matteo Renzi e Matteo Salvini. Innocue iene che hanno finto di sbranarsi, invece rispettose di un copione che contemplava la chiara intenzione di prendere in giro gli sventurati telespettatori. Il solito, immancabile teatrino della politica. Il premier Conte obbligato a fare da protagonista (commedia non riuscita, come detto non baciata dal consenso popolare) nello speciale dedicato alla questione turca. In aperta, palese competizione, sempre sulla rete ammiraglia della Rai, col salotto governato da Bruno Vespa. Come volersi fare le scarpe nella medesima casa. Il capo del governo esposto al flop semplicemente perché Rai1 è in poderosa crisi.

Innanzitutto di ascolti, valutazione che direttamente discende dalla mancanza di idee nella confezione del palinsesto. L’autunno conferma il trend negativo registrato in estate. I dati squadernati nel cda straordinario convocato per discutere la fuga degli spettatori dal servizio pubblico raccontano numeri tosti. Davvero duri da digerire. Rai1 perde 1,1%, Rai2 l’1,3%, la terza rete lo 0,5. E non che vadano meglio i Tg, un mezzo disastro anch’essi in materia di ascolti. Gli spettatori in precipitosa fuga. Precipitano Tg1 e Tg2. E il flop sofferto dal premier Conte non ha rasserenato il clima all’interno della Rai. Propiziata dal portavoce Rocco Casalino, per rilanciare l’immagine del presidente del consiglio oscurata dal duello Renzi-Salvini, si è rivelata un disastro. Non esattamente un bel segnale per la ripartenza prevista e auspicata, come viene definito in gergo l’avvio dei nuovi palinsesti dopo la pausa di agosto.

La negatività può pregiudicare l’intero anno Rai. A viale Mazzini sono preoccupati innanzitutto per Rai1, che ha "palinsesti di scarsissima qualità". Necessita inventarsi i correttivi, l’imperativo è correre alla svelta ai ripari. La richiesta è corale da parte dei consiglieri di maggioranza, Beatrice Coletti, in quota M5S, Rita Borioni, in quota Pd, e del rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà. Nell’occhio del ciclone sono presenti ormai da tempo i conduttori d’area sovranista, da Roberto Poletti e Lorella Cuccarini, "non all’altezza del ruolo". Varie e numerose le accuse, nel mirino dei numerosi critici interni le scelte. Una per tutte, troppa cronaca nera. Come da imposizione della impostazione securitaria della Lega. Non c’è nessuna innovazione dei programmi. Il carrozzone Rai si regge, continua a reggersi, ad aggrapparsi alla fiction. In realtà, numeri alla mano, l’unica cosa che funziona davvero. Almeno fino a questo momento.

Fermenti di protesta propedeutici a necessità rivoluzionarie sono ormai parte integrante del quotidiano in Rai. E da molte parti si leva il grido, "Teresa De Santis va rimossa". Teresa De Santis chi? La direttrice di Rai1, anche lei in quota Lega. "Non è all’altezza, dobbiamo sostituirla", sollecita Rita Borioni, con insistenza. Laddove il consigliere Igor De Blasio, messo lì dal Carroccio, sostiene ad alta voce la teoria che secondo lui è "il crollo del Tg1 ad affondare la rete, non è la De Santis da cacciare, ma il direttore Carboni". La battaglia senza esclusione di colpi, compresi quelli bassi e illegali, non presenta soluzioni immediate. Se non il mandato affidato all’amministratore delegato Salini di studiare le contromisure ad hoc. Come e quando? Come non si sa e ancora non si capisce; quando a partire da fine novembre. Quando si esaurirà il mandato di Freccero a Rai2. Solo allora l’ad Salini potrà mettere mano alle nomine dei direttori di genere previsti dal nuovo piano industriale.

Superfluo precisare che assisteremo al consueto, immancabile, tradizionale, vertiginoso valzer. Se anche il valzer possa essere accostato a un ballo da vertigine. In Rai è possibile, questo e anche altro. Il nuovo piano industriale potrebbe funzionare da pretesto per rimuovere la De Santis. Molto abile e allenata a saltare da un punto all’altro, per salvarsi la direttrice in difficoltà avrebbe chiesto un colloquio con Zingaretti. Il segretario Pd ha detto no. Il boomerang col premier Conte protagonista ha scatenato l’ambiente politico e l’irritazione del presidente del Consiglio, probabilmente non avvertito, non messo sull’avviso dei rischi che avrebbe comportato un’operazione organizzata in tutta fretta. E con un mediocre, fragile battage pubblicitario.

Malgrado l’impegno dell’ad Salini. Sollecitato da una telefonata del portavoce Rocco Casalino, si è messo subito a totale disposizione. Anche però l’amministratore delegato vive tempi incerti, non solo lunghi. "I direttori di rete e Tg sono tutti targati o Cinque Stelle, o renziani o leghisti". Dal Nazareno denunciano una situazione a loro avviso insostenibile. "Nell’arco di pochi mesi si voterà in nove regioni e al vertice della TgR ci sono due uomini di Salvini. Basta, così non è possibile andare avanti". Infatti, la Rai va indietro, col passo classico del gambero. Non è un’opinione, ma un dato di fatto. I dati d’ascolto, impietosi, confermano.

Franco Esposito