L’Umbria, ovvero una giunta regionale di politici riciclati e paracadutati. Se Matteo Salvini aveva promesso i fuochi d’artificio dopo la liberazione della regione "dai comunisti", la composizione della squadra di governo a guida Donatella Tesei è un mix di vecchi arnesi, di re del trasformismo e di politici che, almeno in un caso, non c’entrano nulla con l’Umbria. Resta insomma un ricordo la frase del Capitano di via Bellerio scolpita a ogni comizio: "L’Umbria agli umbri con politici autorevoli, fuori dalle vecchie logiche di sistema". E invece udite, udite, basta scorrere la lista degli assessori e incappare in cima nel profilo di Luca Coletto, che non è propriamente un autoctono, ma un veronese di 58 anni. Coletto è stato a lungo assessore regionale della Sanità in Veneto di Luca Zaia, che ne tesse le lodi a ogni piè sospinto, poi presidente di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ma soprattutto ha rivestito un ruolo all’interno del primo governo presieduto da Giuseppe Conte. Ecco, fino allo scorso settembre Coletto è stato il sottosegretario alla Salute dei gialloverdi, salvo poi ritrovarsi spaesato, senza un incarico all’altezza del suo curriculum che annovera per l’appunto un diploma da geometra. E allora perché non piazzarlo nella giunta Tesei, con la delega alla Sanità e perché no, provare a privatizzarla? Sia come sia l’altro campione che è stato scelto da via Bellerio rimanda al profilo di Enrico Melasecche. Quest’ultimo è una vecchia conoscenza della politica ternana, di anni 71, di formazione democristiana. Quando crolla il sistema della Prima Repubblica, Melasecche non demorde, ma inizia a navigare nei partititi di centro, parenti della fu Balena Bianca. Eccolo prima fra le fila del Cdu (Cristiani democratici uniti), e poi ancora nell’Udc di Pierferdinando Casini, fino ad approdare in Forza Italia. Per dieci anni poi decide di appendere il consenso al chiodo. Poi però succede che Salvini trasforma la Lega secessionista in un partito nazionale. O almeno sembra così. E allora Melasecche è attratto dalle sirene di via Bellerio fino a candidarsi per il rinnovo del consiglio regionale dello scorso 27 ottobre. Risultato finale: Melasecche racimola 3.750 preferenze ed è il primo dei non eletti. Che peccato. Ma diccì, abile nelle trattative e forte del consenso ragrannellato, riesce a spuntarla e a ottenere la delega ai Trasporti pubblici. Senza dimenticare Paola Agabiti, sposata Urbani. Quest’ultima è una famiglia regina nel campo dei tartufi tant’è che uno degli Urbani, il marito di Paola Agabiti, è anche il presidente di Confindustria Terni. Eppure qui il dettaglio è un altro: la nostra è stata infatti sindaca del comune di Scheggino, che, guarda caso, è lo stesso comune di origine di un pezzo del potere che rimanda all’ex segretario regionale del PD, Gianpiero Bocci, finito agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Perugia su presunti illeciti nelle assunzioni nel sistema sanitario umbro. Ecco, le malelingue raccontano che la Agabiti Urbani avrebbe usufruito della macchina del consenso "bocciano" e da ora in avanti rivestirà la carica di assessore al Bilancio. Ma non è finita qui. Roberto Morroni, oggi in Forza Italia, è una indimenticabile presenza della Prima Repubblica. Negli anni d’oro in cui dominava la scena la Democrazia cristiana, egli era un funzionario del Psi a guida Bettino Craxi. Poi l’assunzione a Mediolanum, e ancora l’approdo naturale a Forza Italia, prima come sindaco di Gualdo Tadino, poi consigliere regionale. E ora questo eterno socialista avrà l’arduo compito di essere il vice di Donatella Tesei, ma anche di detenere due deleghe pesanti come l’Agricoltura e l’Ambiente. Con un dettaglio: Morroni non intende dimettersi da consigliere regionale. E che dire poi di Michele Fioroni, che non ha alcuna parentela con il popolare Beppe, ma in regione è stato ribattezzato "l’uomo magico". Perché, sibilano, "ottiene le cariche senza essere stato mai eletto". Fioroni appunto è stato già assessore due volte al comune di Perugia. Oggi l’upgrade ad assessore al Turismo e al Marketing. La ragione? Essere stato lo spin doctor della Tesei in campagna elettorale. E averla condotta alla vittoria. Peccato che pensavamo si chiamasse Matteo Salvini lo stratega della comunicazione.