Forse non si amano, di sicuro non intendono separarsi: è fallito anche il quinto tentativo di trasformare con un referendum Venezia e Mestre in due comuni separati. Alla chiusura delle urne l’obiettivo del quorum non è stato centrato.

SOLO UNO SU CINQUE AI SEGGI

Si è recato ai seggi il 21,73% dei votanti, 44.887 su 206.553. Lo scrutinio di 72 seggi su 256 dà in vantaggio il sì con il 52,44%. A far pendere l’ago della bilancia verso la coabitazione amministrativa sono stati soprattutto gli abitanti della terraferma, disertando il voto. Un afflusso più massiccio, ma numericamente meno ‘pesante’, si è avuto in centro storico e nelle isole della laguna. In un clima arroventato da fake news e polemiche politiche corse soprattutto sui social si è consumata l’ennesima prova tecnica di separazione che ha coinvolto poco più di 206 mila votanti. Troppi gli interessi economici in gioco, ripetono dal fronte del sì, facendo notare che dei 20 milioni di euro che arrivano alle casse del Comune in virtù della Legge speciale e delle donazioni per Venezia, più o meno la metà finisce per essere dirottata verso la terraferma. Al contrario, sul versante del ‘no’ molti amministratori locali hanno messo in luce i costi economici (in particolare nei trasporti) e le criticità di un eventuale frattura del Comune in due realtà distinte.

PD PER IL NO, M5S PER IL SÌ, IL SINDACO PER L’ASTENSIONE

Lo stesso sindaco Luigi Brugnaro non ha mai nascosto il convincimento che l’iniziativa referendaria contrastasse con la legge sulle città metropolitane, invitando all’astensione. Le forze di maggioranza in Comune si sono allineate al ‘non voto’, mentre l’opposizione si è spaccata. Da una parte il Pd, che ha invitato a barrare sulla scheda il ‘no’, dall’altra il M5S favorevole al ‘sì’ in nome del ‘rispetto per la volontà popolare’. L’appuntamento con i seggi è arrivato, peraltro, in un momento ‘emotivamente’ difficile per la città lagunare, messa in ginocchio dalle acque alte eccezionali che si sono susseguite nei giorni scorsi causando danni milionari. Senza trascurare che larga parte di chi lavora a Venezia, e che del richiamo turistico della città trae beneficio economico e occupazione, risiede proprio in terraferma e non ha quindi alcun interesse a vedere le due realtà divise dallo steccato di amministrazioni diverse.

CINQUE TENTATIVI FALLITI

Più che in passato, dunque, il dato più evidente è stata la disaffezione alle urne. Anche nel 1979, nel 1989, nel 1994 hanno sempre prevalso i ‘no’ e al tentativo del 2003, il quarto, si è arrivati al di sotto del quorum con il 39%. Ma stasera il dato di affluenza inferiore al 19% appare come una pietra tombale sulle aspirazioni delle due città di non incrociare più i loro destini. Proprio la soglia del 50% più uno degli elettori stabilita per la consultazione potrebbe diventare già da domani un nuovo terreno di battaglia per gli irriducibili fautori della separazione, con una raffica di ricorsi già annunciati sulla legittimità dello sbarramento.