Marciscono le casette del terremoto. Si allungano le ombre sulle promesse non mantenute ai terremotati di Amatrice. I prefabbricati hanno avuto gravi ritardi e problemi di muffa, umidità e pannelli crollati. Chiamati a pronunciarsi, i giudici di affermano che al post terremoto di Amatrice hanno lavorato società prive della certificazione antimafia e non iscritte alla White list delle Prefetture. La Procura di Ancona ha chiuso le indagini sullo sconcio, ennesima vergogna della politica in Italia. In venti verso il processo, coinvolte quindici aziende e un dirigente della Protezione civile. Trenta pagine di accuse, che vanno dalla truffa all’abuso di ufficio. Il più grande cratere di sempre. Tre anni sono passati dal 2016, quando tra agosto e ottobre, un pezzo d’Italia tremò. Disastrose le conseguenze: 300 morti e 400 feriti, dopo le scosse di agosto, Amatrice letteralmente distrutta. A ottobre, poi, il sisma fu addirittura più forte, per fortuna senza provocare vittime. Ma quattro regioni, 183 chilometri, 500mila persone si ritrovarono in ginocchio. Una tragedia di proporzioni devastanti. La politica promise: "Faremo in fretta e faremo bene". Promesse di marinaio, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, Matteo Salvini. Sulla disgrazia, tutti insieme, escluso nessuno, sui terremotati del Centro Italia hanno costruito un significativo pezzo di campagna elettorale. Promesse, promesse, promesse. L’immane disgrazia usata per il fine sopra esposto. Intanto, Amatrice distrutta era e distrutta è rimasta. Il racconto è questo, e non è pura leggenda, sia chiaro. Quando il novo commissario per la ricostruzione Giovanni Legnini, già vice presidente del Csm, ha dato un’occhiata ai numeri della ricostruzione pare si sia messo le mani nei capelli. Disperato e scandalizzato, ha constatato che più di 40mila persone sono fuori casa; un terzo delle macerie pubbliche è ancora per terra; quelle private mai toccate. Secondo i dati al 31 dicembre, rispetto agli 80mila edifici danneggiati, i cittadini che hanno presentato domanda per la ricostruzione sono appena 11.812. Quelli che non si arrendono, in virtù di un problema di convenienza hanno preso casa altrove o sul mare. Grazie al contributo abitativo. Lì lavorano e lì frequentano le scuole i loro figli. Non torneranno più. Un pezzo d’Italia che ha smesso di vivere. Delle 40mila persone senza casa, più di 30mila percepiscono il contributo di autonoma sistemazione, un finanziamento che va dai 600 ai 1.000 euro. Ottomila persone vivono vince nelle 3.900 casette. Le soluzioni abitative di emergenza che "costate fino a 6.750 euro al metro quadrato, hanno cominciato a marcire dopo pochi mesi. Nelle Marche la situazione più problematica, come documentato da un’inchiesta di Repubblica, ad aprile 2018. Passaggi poco chiari nella realizzazione dei prefabbricati. La Procura di Ancona ha recepito la denuncia. Il lavoro della Guardia di Finanza, non breve e non facile, ha portato alla notifica di un avviso di conclusioni delle indagini a venti persone e quindici aziende. Alla fine è scoppiato il bubbone. Tra gli indagati, David Piccinini, dirigente della Protezione civile della Regione Marche, e il presidente del Consorzio Arcale, Giorgio Gervasi. Una delle società vincitrici del maxi appalto da 1,8 miliardi per la la realizzazione delle casette. La gara bandita dalla Centrale unica degli appalti, la Consip. In definitiva, nulla di nuovo sotto il cielo d’Italia. Il classico, solito, inesauribile magna magna. Primo classificato alla gara d’appalto fu il Cus, il gigante delle coop emiliane. Ma la Protezione civile, spinta dal bisogno improvviso, chiese aiuto ai secondi classificati. Tra questi, guarda caso, il Consorzio Arcale, che gode di buone entrature con la politica. E ha tra i suoi soci la Sistema Costruzioni srl di Emanuele Orsini, presidente di Assolegno, sostenitore storico di Matteo Renzi. Secondo la Procura di Ancona, gli uffici della Protezione civile delle Marche avrebbero anticipato, malgrado non fossero nella condizione di farlo, 9 milioni di euro al Consorzio Arcale, tra l’altro in ritardo nella consegna delle casette. Oggi aggredite dai problemi: muffa, umidità, pannelli crollati, e altro ancora. Quelli del Cus sono entrati nei giorni scorsi nelle casette per verificare. E hanno certificato la non conformità delle stesse, dove in alcuni casi sono state installate soltanto lavastoviglie. Vogliono cancellare la concessione. I furbi, intanto, nella disperazione, hanno presentato a denunce a centinaia alla Guardia di Finanza. C’è chi richiede il contributo alloggiativo pur non avendone diritto, magari perché proprietario di seconda casa nel cratere. Anche il sindaco di Monte Cavallo, Pietro Cecoli, rischia di andare a processo. Avrebbe intascato il contributo. Addirittura più grave la posizione di Giuliano Pazzaglini, ex sindaco di Visso. Candidato da Matteo Salvini come "simbolo dei terremotati abbandonati", rischia anche lui il processo per accuse gravi. Avrebbe usato per affari personali i soldi di donazioni private che dovevano servire alla ricostruzione. L’ex sindaco si professa "innocente". Ma il tribunale gli ha sequestrato 38mila euro, quantificando la presunta ruberia.

F.R.