Nel giro di alcuni mesi l’Unione Europea avrà completato la definizione di tutte le misure economiche eccezionali di contrasto alla crisi economica causata da Covid19. Una crisi che il documento "Repair and Prepare for the next generation" approvato il 27 maggio dalla Commissione Europea, descrive in modo drammatico: crollo del PIL, dell’occupazione, aumento delle disuguaglianze, aumento del debito pubblico e privato. Dati confermati per il nostro Paese dalla recente comunicazione della Banca d’Italia.

C’era bisogno di una risposta europea eccezionale ad una crisi unica, c’è stata finalmente una scelta chiara da parte della UE, ben descritta dallo straordinario intervento di Ursula Von Der Leyen al Parlamento. La Commissione ha approvato lo schema del Recovery Fund, ribattezzato intelligentemente "Next Generation Ue" per 750 miliardi di euro. Una misura che si affianca ai 540 miliardi definiti dai Safety Nets: Banca Europea degli investimenti, il famoso MES e SURE (i prestiti per la cassa integrazione europea). Da aggiungere poi ai 1100 miliardi dal Quadro finanziario pluriennale del Bilancio europeo, per un valore complessivo di 2400 miliardi di risorse nei prossimi 7 anni. Per non parlare della attività della BCE, che nella settimana scorsa ha comprato altri 41 miliardi di titoli (di cui probabilmente 9 italiani).

Una massa imponente di risorse economiche, in un mix innovativo di sussidi e prestiti, che arriveranno ai Paesi membri, anche all’Italia. Il fondo "Next generation Ue" è la novità più rilevante: 750 miliardi di risorse, di cui 500 di sussidi e 250 di prestiti. Per la prima volta l’Europa erogherà sussidi ai Paesi bisognosi, finanziando la spesa con bond europei garantiti dal bilancio della UE, forse anche con tasse ambientali a scala europea. Per Paesi come l’Italia uno strumento molto interessante sia per l’arrivo di sussidi (da non restituire), sia per la disponibilità di prestiti a tassi più bassi di quelli che avrebbe ottenuto emettendo titoli di stato. Quante di queste risorse arriveranno all’Italia? Secondo una prima stima (da confermare) a Roma verrebbero allocati 81,8 miliardi come sussidi e 90,9 miliardi come prestiti, per un totale di circa 172 miliardi. L’Italia è il Paese che otterrebbe complessivamente di più nella Ue. Il ventaglio di settori coinvolti è molto ampio: dal turismo alle costruzioni, dalla sanità al digitale, ai trasporti, alla svolta ecologica (Green New Deal), alle energie rinnovabili.

L’accesso a tali fondi non sarà automatico nè a pioggia, bisognerà infatti convincere la Commissione della bontà della destinazione delle somme e della coerenza con gli obiettivi. Come ha detto Paolo Gentiloni "non è una torta da spartire, ma un’occasione unica per gli investimenti strategici". L’Italia dovrà avere quindi rapidamente le idee molto chiare su come spendere tutte queste risorse, nei prossimi 4/5 anni. Nel complesso non siamo un Paese che ha dimostrato capacità e rapidità di spesa delle risorse europee in questi anni, anche se molte Regioni hanno ottime performance. Ma gli investimenti necessari sono chiari a tutti, e gli assi strategici dell’Europa sono tre: green economy, rivoluzione digitale, coesione sociale. Il fabbisogno europeo di investimenti in queste tre aree è definito dalla UE: 470 miliardi di euro l’anno per la transizione ecologica (acqua, economia circolare, lotta e adattamento ai cambiamenti climatici, fonti rinnovabili, mobilità sostenibile), 125 miliardi l’anno per la rivoluzione digitale, 192 miliardi l’anno per le politiche di inclusione sociale (di cui 57 per l’edilizia sociale).

Ma è possibile definire in tempi rapidi in Italia un programma di investimenti concreto e fattibile, discutendo con il sistema industriale, orientato alla sostenibilità. Vediamo come. Il mondo delle utilities ha avanzato molte proposte. In campo ambientale ci sono da fare gli investimenti necessari per gli impianti dell’economia circolare (10/12 miliardi secondo le associazioni di impresa), gli investimenti nel servizio idrico sono stimati in 60/80 miliardi nei prossimi 15/20 anni, probabilmente quindi una ventina nei prossimi 5, specie con riferimento al contrasto ai cambiamenti climatici, al riciclo delle acque e al completamento della depurazione. Gli investimenti previsti in campo energetico (smart grid, efficienza energetica, fonti rinnovabili) sono sicuramente molto elevati, cosi come quelli nel campo della mobilità sostenibile. C’è poi il settore della difesa del suolo e del rischio idraulico, con investimenti stimati in 40/45 miliardi per mettere in sicurezza il Paese.

Gli investimenti nel settore digitale (completamento della fibra, 5g, smart cities) potranno sicuramente valere un cifra importante, per adeguare città e territori e superare il digital divide. Infine l’inclusione sociale, soltanto un adeguato Piano casa per realizzare gli alloggi di edilizia residenziale pubblica necessari a fronteggiare il disagio abitativo, aumentato con la crisi Covid19, può valere almeno una decina di miliardi. Per non parlare degli investimenti in ferrovie, autostrade, strade, scuole, ospedali, aeroporti, interporti, porti. ASviS (l’Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile) ha avanzato una proposta concreta per gli investimenti sostenibili in città e territori, che vale 201,7 miliardi di euro. Secondo ASviS la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio potrebbe generare un investimento di 30 miliardi di euro spalmati in 10 anni, cui aggiungere gli investimenti per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo dal rischio sismico. Per la sicurezza idrogeologica, si stima in circa 15 miliardi di euro l’ammontare di risorse aggiuntive necessarie a soddisfare il fabbisogno di investimenti del Piano Italia Sicura del 2017.

Per incentivare la mobilità sostenibile ASViS propone investimenti per metropolitane, tramvie e servizi ferroviari (33 miliardi), il rinnovo del parco veicolare dei servizi pubblici (10,3), lo sviluppo della mobilità elettrica (9,2), di reti ciclabili, pedonali, di sicurezza e intermodalità (7,6) e incentivi per l’acquisto di biciclette e mezzi di micromobilità (1,6). Per la trasformazione digitale propone un piano da 2 miliardi di euro in tre anni, per potenziare la banda larga, implementare la didattica a distanza e sostenere l’acquisto di dotazioni hardware e software. Infine, per completare la trasformazione digitale delle imprese saranno necessarie risorse stimate in 18,6 miliardi di euro in un periodo compreso tra uno e sei anni. Le proposte ci sono. Non dovrebbe essere difficile comporre un elenco di investimenti cantierabili in tutti questi settori nei prossimi anni, per un valore tra i 150 e i 200 miliardi. Settori in cui operano aziende nazionali e locali solide, capaci di progettazione tecnica e solide finanziariamente.

L’apertura rapida dei cantieri deve essere favorita da una drastica semplificazione delle procedure amministrative, autorizzative e del codice degli appalti. Insomma un’occasione unica ed irripetibile per la modernizzazione del Paese, la conversione ecologica ed energetica, la digitalizzazione e la lotta alle disuguaglianze. Ma occorre affrontarla con concretezza e pragmatismo, con una solida cabina di regia del Governo, coinvolgendo le imprese e riformando la pubblica amministrazione.

Alfredo De Girolamo