Le proteste dei pentastellati contro la "Commissione contenzioso" del Senato che ha dichiarato nulla la deliberazione della presidenza sui vitalizi dovrebbero essere rivolte contro se stessi. La commissione è un organo giurisdizionale di garanzia che fa le veci del sistema giudiziario incompetente negli affari interni degli organi costituzionali che seguono il regime della cosiddetta "autodichia". Il deliberato della presidenza del Senato, fotocopiato dalla Camera di Fico, è il risultato dell’ignoranza del diritto costituzionale e parlamentare, dell’arroganza antiparlamentare di chi vuole travolgere qualsiasi regola dello Stato di diritto, e della demagogia di chi intende governare ingannando a suon di slogan l’opinione pubblica. I vitalizi non possono essere reintrodotti perché non esistono più dal 2012, quando le presidenze delle Camere introdussero anche per i parlamentari, come per la pubblica amministrazione, il sistema pensionistico contributivo a posto di quello retributivo. I vitalizi "retributivi" sono relativi al periodo pre-2012, seguiti poi dalle pensioni "contributive". In origini i vitalizi erano legati allo stipendio dei parlamentari che, a sua volta, era parametrato sul primo presidente della Corte di Cassazione. Ho fatto parte negli anni ’80 da deputato radicale del consiglio di presidenza della Camera, e ripetutamente ho proposto di tagliare stipendi e vitalizi parlamentari sganciandoli dal meccanismo che determinava l’importo, quello degli alti magistrati. Ritenevo che fosse al contrario opportuno aumentare il bilancio dei servizi parlamentari benissimo svolti da valenti funzionari con l’obiettivo di tagliare il cordone con i consiglieri esterni. Allora, a più riprese i vitalizi furono ridotti nella misura del 10% come consentito dalle norme generali sulla retroattività. Perché le delibere delle presidenze di Camera e Senato volute dai Cinquestelle e accettate passivamente per conformismo demagogico dai rappresentanti degli altri gruppi, a cominciare dal Partito Democratico, sono state sbagliate e destinate ad essere, prima o poi, annullate? Il contrasto delle delibere con le norme costituzionali e giurisprudenziali ha diversi aspetti : 1) la retroattività; 2) il taglio retroattivo (dal 40 all’80%) ai vitalizi in vigore fino al 2011; 3) l’applicazione di una tabella fantasiosa di cui non si conosce la paternità; 4) l’applicazione del taglio ai soli parlamentari del passato (denominati spregiativamente casta) e non già a tutti i membri degli organi costituzionali in analogo regime di autodichia (Presidenza della repubblica, Corte costituzionale, Consiglio superiore della magistratura, Cnel, Consiglio di Stato ); 5) il contrasto con i principi della Corte europea di giustizia. L’operazione dei 5 stelle, digerita da quasi tutti gli altri gruppi, è stata compiuta non sulla base di possibili norme di diritto (e ce ne erano) ma facendo leva su una effimera maggioranza nei consigli di presidenza delle Camere, costituiti per la prima volta nella storia non con metodo proporzionale ma a vantaggio in questa legislatura di M5S e Lega. I grillini, per affermare le loro demagogie, hanno inoltre fatto uso dell’ostruzionismo della maggioranza, del boicottaggio e delle dimissioni nell’organo di garanzia con l’obiettivo di paralizzare il corso della giustizia interna di rango costituzionale. Sarebbe stato possibile incidere significativamente (ma non discrezionalmente) su stipendi e pensioni dei parlamentari presenti e passati con una legge votata dal Parlamento riguardante (in misura ragionevole), oltre a tutti gli organi costituzionali, centinaia di migliaia di pensioni analogamente calcolate con metodo retributivo nella pubblica amministrazione. La verità è che questa penosa vicenda – penosa per coloro che l’hanno promossa andando in piazza con poltrone e forbicioni di cartapesta che era più opportuno fossero rivolte ai propri comportamenti lottizzatori - non è altro che un capitolo dell’antiparlamentarismo dei seguaci populisti di Grillo e Casaleggio, e della Lega, che non sanno – e non vogliono sapere – che cosa è lo Stato di diritto.

di MASSIMO TEODORI