I "giorni terribili" saranno quelli che verranno. Quando i nodi si presenteranno in tutta la loro gravità. I presidi tuonano: "Mancano aule, banchi, professori, addirittura le mascherine. Tanto che alcuni nostri colleghi si sono raccomandati per portarle da casa. È proprio il caso di dire che Dio ce la mandi buona".

A due giorni dall’inizio delle lezioni, la confusione è grande anche se con la riapertura molte lamentele si placheranno. Ma dopo? Ora, dopo i docenti, anche i giovani strepitano e dicono che in queste condizioni non si potrà andare avanti. Tredicimila professori sono risultati positivi al test. Andranno in isolamento. Il governo ha un piano B, si spera nella Divina Provvidenza e ritiene che se il primo giorno andrà bene poi tutto filerà liscio. Francamente non è quello che milioni di famiglie si aspettavano. La crisi della scuola non è di oggi. Le aule sono deserte da sei mesi, come mai non si è previsto un progetto che potesse garantire l’anno scolastico che comincerà il 14 settembre?

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ma soprattutto il ministro Lucia Azzolina non sono stati presi alla sprovvista come nel caso di una disgrazia improvvisa o di un terremoto. La crisi era sotto gli occhi di tutti. Perché mai non si è studiato in tempo un programma che potesse ovviare ai gravi inconvenienti causati dal virus? Si è temporeggiato. Si è rimandato via via ogni questione. Così si è arrivati alla vigilia della riapertura nella condizione in cui ci si trova oggi. Gli interrogativi sono ancora tanti, anche banali, Ad esempio, chi misurerà la febbre prima di andare in classe? Si risponde dal vertice politico: "A casa, i genitori".

I presidi sono di avviso contrario. Sono favorevoli a un’operazione da compiere a scuola, immediatamente prima del suono della campanella. Insomma, va bene aprire per venire incontro alle esigenze di milioni di famiglie che non saprebbero come fare se le aule dovessero rimanere ancora chiuse. Però si esige sicurezza e questo si spera avvenga al più presto. Tanto è vero che alle superiori c’è il rischio di rimanere a casa tutto l’anno perché non si potrà far rispettare il distanziamento. "Se rimanessimo zitti, faremo un pessimo favore alla scuola. Le magagne vanno denunciate", dicono in coro gli operatori scolastici. È chiaro che così stando le cose il Governo non vive giorni tranquilli anche se non lo dà a vedere. Anche perché il problema della scuola non è il solo. Ieri, a sorpresa ma non tanto, ne è scoppiato un altro: quello riguardante la legge elettorale. In commissione è successo il patatrac.

Nel momento in cui è iniziata la discussione sulla legge elettorale la destra unita è uscita dall’aula. Anche Italia Viva e Liberi e Uniti, cioè due forze della maggioranza, hanno fatto mancare il loro voto. Chissà che cosa ne penserà Nicola Zingaretti che puntava molto su questa riforma! C’era stato un do ut des fra Grillini e Pd. I secondi avrebbero all’unanimità detto si al referendum per il taglio dei Parlamentari, se i pentastellati non avessero alzato le barricate al momento di tale discussione. Ora i 5Stelle hanno onorato l’accordo, ma gli altri due partiti al governo si sono pronunciati chiaramente per il no. Lo sbarramento al 5% previsto dal Brescellum (dal grillino Giuseppe Brescia, presidente della 1 Commissione Affari Costituzionali della Camera) li taglierebbe fuori.

Come finirà questo ennesimo braccio di ferro? Per il Pd è fondamentale questa norma che cambi le carte in tavola della legge elettorale. Solo così potrà essere sconfitta la destra. E se la coalizione giallorossa non dovesse tenere? Sarebbero guai seri per i Dem, ma soprattutto per il loro segretario che si diceva sicuro di portare a casa questa legge.

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