Quando a fine maggio si capì che il Mes avrebbe attivato una linea di credito per sostenere la sanità fu "eh ma prima dobbiamo capire a che condizioni". Quando a giugno si capì che di condizioni non ve ne erano fu "eh ma i contagi sono sotto controllo, non ci serve". Quando a luglio si doveva programmare l’autunno e prevedere la seconda ondata fu "eh ma l’ultima parola ce l’ha il Parlamento". Quando ad agosto il Parlamento chiuse fu "eh, ne parliamo dopo le regionali". Quando a settembre archiviammo le regionali fu "eh ma prima c’è la legge di bilancio da varare". Ed eccoci a oggi. La manovra è stata licenziata sabato, Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri si presentano in conferenza stampa per presentarla. La prima domanda, puntuale, arriva sul Mes. Ecco la risposta del presidente del Consiglio: "Ci sarà un momento di confronto politico, come mi è stato chiesto. Ci riuniremo per dare una nuova linfa al governo, per stringere un patto di fine legislatura, dopo aver dato il tempo al Movimento 5 stelle di svolgere i suoi Stati generali. Definiremo lì le priorità di politica economica e sociale".

Dunque ecco il momento clou che ci si aspettava: un confronto politico di tutto il governo sul Mes. Già, perché per inciso in cinque mesi questo dibattito si è svolto per lo più a mezzo stampa. L’ultimo episodio è avvenuto ieri sera. Conte, forse mai come prima, ha sbattuto la porta in faccia a uno degli strumenti messi a disposizione dall’Unione europea per la crisi legata al coronavirus con parole da grillino purissimo. Spiegando che "se prendiamo quei soldi dovrò intervenire con tasse e tagli perchè devo mantenere il debito sotto controllo". La partita, per quanto gli riguardava, sembrava finita. Nella chat dei deputati del Pd è scoppiato il finimondo, una sorta di telecronaca ascoltando in tv le parole del capo del governo che ha rasentato lo psicodramma. Matteo Renzi è partito immediatamente all’attacco. Ma se anche Nicola Zingaretti, uno che cerca la mediazione, che invita all’unità, che sostiene la compattezza del governo, sbotta significa che la soglia del politicamente accettabile era stata varcata.

Il segretario del Partito democratico non ha preso benissimo le dichiarazioni del premier sul Mes, ed è andato vicinissimo al frontale: "Un tema così importante non si liquida con una battuta in conferenza stampa". Il presidente della regione Lazio ha aggiunto che "in un momento così delicato bisognerebbe evitare ogni occasione per polemiche politiche. Bisognerebbe scommettere sulla solidarietà delle forze politiche di maggioranza". Quando lo ha sentito parlare domenica sera il segretario Dem è impallidito: "Questa è la posizione dei 5 stelle". Da quel momento è partita la batteria di dichiarazioni dell’intera galassia democratica che è piombata come uno sciame negli smartphone dell’entourage del presidente. I pontieri si sono messi in moto: "Conte ha ribadito quel che ha sempre sostenuto, non si è intestato il no". Spiegazione non accettata dal Nazareno, secondo il quale le argomentazioni del presidente si erano eccessivamente sbilanciate sul no.

Dall’interno del Pd si sono sollevate voci critiche anche su Gualtieri, considerato troppo timido, non sufficiente contraltare all’indecisione di Conte. "C’è un vantaggio di interessi di circa 300 milioni l’anno - ha argomentato non senza un certo imbarazzo, seduto accanto al premier - Noi non siamo in crisi di liquidità, quindi dobbiamo valutare se essere gli unici in Europa ad attivarlo e sfruttare i 300 milioni o rinunciarvi". Una discussione dai tratti surreali, uno schema secondo il quale l’importante non è prendere una decisione, ma lasciare indefinitamente in sospeso la questione, punto che sembra trovare d’accordo tutte le parti in causa. Ancora una volta Conte calcia il barattolo più in là. Di Mes non si parlerà in un vertice stasera, domani o nel fine settimana. L’orizzonte viene un’altra volta spostato di tre o quattro settimane, a una riunione complessiva nel quale potrà benissimo essere anestetizzato, diluito, immolato sull’altare delle trattative tra i partiti. "Bene Conte sul patto di legislatura per cambiare l’Italia", twitta a sera Zingaretti con il quale sembra tornato il sereno, dopo una telefonata per ricomporre la frattura. E la ruota ricomincia a girare, e nessuno può sapere per quanto ancora.

Pietro Salvatori