In Myanmar continuano le proteste della cittadinanza contro il golpe militare dello scorso 1 febbraio. Gli attivisti hanno ribattezzato la giornata di oggi la ‘rivoluzione dei cinque due’, con riferimento alla data del 22.2.2021, e l'hanno paragonata alla data all'8 agosto 1988 (i ''quattro otto'') quando i militari hanno risposto con una dura repressione, uccidendo e ferendo centinaia di manifestanti. In sostanza, in queste ore decine di migliaia di persone si sono riversate sulle strade delle principali città del Paese: sin dalla mattina le principali arterie di Rangun, Naypyidaw, Mandalay e altre città sono state occupate dai manifestanti, che chiedono il ripristino della democrazia e il rilascio dei prigionieri politici. Ma la loro richiesta sempre cadere nel vuoto, dato che la giunta militare ha avvertito che “la via dello scontro” significherà la morte per molti. La situazione, insomma, sembra essere lontana da una soluzione pacifica. Da qui le dure parole dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera Josep Borrell: “In Myanmar stiamo assistendo a una crescente violenza provocata dal colpo di stato militare. Per questo dobbiamo reagire prontamente alle violazioni dei diritti umani e all’attacco contro i manifestanti”. Il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Birmania, Tom Andrews, si è detto profondamente preoccupato per la violenza dei militari: “Avvertimento alla giunta: a differenza del 1988, le azioni delle forze di sicurezza vengono registrate e ne dovrete rendere conto”, ha detto tramite twitter.