Antefatto o prologo è la storia dell'autostrada che non sarà mai finita. Un intreccio classico con furbate all'italiana e connivenze di apparati storico-politici dello Stato. E sullo sfondo, ma non tanto, una compravendita da 600 milioni di euro. Con una concessione quantomeno opaca, secondo i giudici. Il primo filone dell'inchiesta si è concluso a inizio febbraio: le sezioni unite della Cassazione hanno dato ragione al sindaco di un piccolo paese del Veneto, Besenello. Il Cip aveva preso una cantonata, autorizzando il primo lotto della Valdastico Nord.

L'avvio d'opera prevedeva la costruzione dell'autostrada solo nel territorio vicentino e faceva "in modo illogico e razionale" una sorta di spezzatino di un'opera concepita in maniera unitaria, priva di senso senza il secondo lotto fino all'Autobrennero. Ma siccome siamo in Italia, e il particolare non va in nessun momento ignorato o dimenticato, il Consiglio di Stato gli aveva dato torto. Ora la bocciatura della Valdastico Nord è definitiva.

Ma stiamo parlando di cosa? Semplicemente dell'ennesimo scandalo italiano in materia di autostrade. Uno sconcertante ingranaggio infrastrutturale durato quindici anni. L'ha inceppato alla fine il classico sassolino, succede nelle migliori famiglie. Può capitare anche ai Benetton, ormai impegnati nell'annosa vicenda, scandalosa anch'essa, del ritiro o non ritiro delle concessioni autostradali da parte dello Stato, in seguito al tragico crollo del Ponte Morandi. La clamorosa luttuosa implosione di quella struttura che ha causato morti e sfollati.

Il sassolino in questione è Besenello, Comune di 2.700 anime fra Trento e Rovereto, in Vallagarina. Adottata col placet di quattro ministeri nel 2013, la delibera del Cipe dava via libera alla costruzione del tratto veneto dell'autostrada Valdastico Nord. Non avesse fatto resistenza alla delibera il sindaco di Besenello, la cosa sarebbe passata volgarmente in carrozza. E non si sarebbe scoperchiato il pentolone di una maleodorante concessione di una fragilità palese. Un gigante dai piedi d'argilla.

Intorno all'osso si sono scatenati incontenibili appetiti, in un'autentica fiera di affamati cannibali affaristi. L'autostrada in questione è ritenuta "una delle più redditizie d'Italia". Riguarda la società A4 Holding che gestisce la Serenissima Brescia-Padova. Un tratto trafficatissimo dall'alta redditività. L'Anas, nel 2007, prorogò la concessione in scadenza nel 2013, con l'obbligo da parte della società A4 Holding di completare la A31 verso Trentola. Quella che anticamente, molto anticamente, una roba del secolo scorso, era conosciuta come la Pi-Ru-Bi. Voluta dai potenti democristiani Piccoli, Rumor e Bisaglia, ma costruita solo da Vicenza a Piovene Rocchette. L'autostrada che non sarà mai finita.

A4 Holding avrebbe continuato a gestire A4 e A31 con l'impegno di collegare entro il 2026, anno di scadenza della proroga, Veneto e Trentino. Scopo finale (obiettivo allo stato ancora utopistico) lo sgravio o alleggerimento del traffico dell'Autobrennero. 

La sentenza della Cassazione fa luce anche su un'altra storia. Anch'essa impregnata di scandalo. Dopo un'inchiesta del pm Massimo Perin, la Procura di Roma ha citato in giudizio cinque membri del Consiglio di amministrazione di Anas del 2006. L'allora onnipotente presidente Pietro Ciucci, Eugenio Pinto, Sergio Scicchitano, Umberto Siola e Enrico Della Bella. Il danno erariale di 160 milioni è stato contestato ai primi quattro della lista. Per Umberto Siola, il danno procurato ammonta solo a 17,8 milioni. In blocco sono destinatari di una grave accusa: quella di aver autorizzato la proroga della concessione sulla base di un'idea. Proprio così, solo un'idea, non un progetto fattibile. In ragione del fatto che, all'epoca, la Provincia autonoma di Trento era contraria alla prosecuzione della Valdastico. 

La solita immancabile dimostrazione di arroganza del potere. Chi siete voi che osate opporvi, poveracci del minuscolo comune di Besenello? Sono quelli che hanno denunciato, il sindaco in qualità di generoso, tenace, determinato portavoce. Nessun accordo è stato infatti raggiunto fino a oggi. Malgrado l'Anas abbia pubblicato il bando di gara nel 2010, poi approvato nel 2012. Però senza mai concludere l'intesa con Trento. Laddove il progetto preliminare e quello successivo, per complessivi 4 miliardi sembrava fatto apposta per provocare l'allungamento della concessione.

I vertici Anas nella peste. Capitolo terzo della storiaccia, un cospicuo regalo ai privati. A4 Holding era di proprietà di Intesa San Paolo, Astaldi e famiglia Tabacchi. Ottenuta la proroga nel 2016, cedettero la società agli spagnoli di Albertis. Prezzo del 51%, 594 milioni di euro, ovvero la base del danno erariale per "mancate entrate di cagionato al bilancio dello Stato. Controllata da Atlantia dei fratelli Benetton, oggi la stessa Atlantia detiene il 90% di A4 Holding. Giri di valzer, tarantelle, tanghi non argentini.

La Pedemontana Veneta da 2,5 miliardi è in corso di costruzione da anni. E qui il puzzle assume proporzioni gigantesche, fatte di intrighi mai risolti. Punti interrogativi sulla concessione anomala, impensabile la ricaduta. La concessione è stata in passato a rischio di infrazione europea. Ma A4 Holding non molla l'osso. Presente sul pezzo, punta ad ottenere il via libera da Trento sul progetto completo. Europa permettendo, sembra intenzionata a chiedere una nuova proroga. Ma per cosa e qual pro? Fare quell'autostrada che in quindici anni non è riuscita nemmeno a progettare e che richiederebbe dieci di lavoro dalla posa della prima pietra.

L'ennesima beffa all'italiana. Chiara, lampante. Attraverso Albertis, Atlantia si tiene ben stretta un'autostrada che produce 70 milioni di utili l'anno. Ma la concessione? Ingenui bamboli, è stata prorogata senza che esistesse il minimo presupposto. Sarebbe interessante, nonché istruttivo, conoscere il parere del neo ministro Giovannini. La richiesta è partita. E non risulta che il titolare del ministero sia affetto da sordità.

Franco Esposito