DI STEFANO CASINI

Nel XX secolo,  la collettività italiana si divise tra seguaci e detrattori di Mussolini. Nel 1935, durante la seconda guerra italo-etiope, circa 120 volontari italiani e italo-uruguaiani fecero parte della Legione 221 dei Fasci di Combattimento all'Estero, tutti volontari. Il primo gruppo rientrò al porto di Montevideo il 21 ottobre 1936. Lo stesso Ambasciatore Mazzolini formó, nel 1937 un'organizzazione fascista che contava  con 1.100 membri. Lo storiografo Juan Oddone scrisse: “I tentativi di Mazzolini di fascistizzare la comunità italiana in Uruguay inciampó con l'idiosincrasia liberale e repubblicana, così profondamente radicati nelle tradizioni garibaldine della prima fase dell'immigrazione e non potevano nemmeno operare sempre sul terreno. degli italiani appena arrivati, visti i bassissimi contributi migratori registrati negli ultimi anni ».

Nel 1938, il successore di Terra fu Alfredo Baldomir Ferrari,  anche lui di origine italiana, Presidente della Repubblica fino al 1943. Dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, l'Uruguay, fino a quel momento neutrale, interruppe le relazioni diplomatiche, commerciali e finanziarie con l'Italia e gli altri paesi dell'Asse Berlino.Roma, Tokio e nel gennaio 1942, subito dopo l'attacco a Pearl Harbor l’Uruguay fu difensore degli alleati.

In ogni caso, era cosí importante e profonda l’impronta dell’italianità in Uruguay che la nostra lingua prese notevole importanza anche in quegli anni. Nel 1942, sotto la presidenza di Baldomir Ferrari, lo studio dell’Italiano divenne obbligatorio al liceo.

A causa dell'eccesso di risorse rurali, la mancanza di occupazione e le difficoltà causate dalla guerra, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, riprese il flusso migratorio degli italiani in Uruguay.  Nel 1952 Italia e Uruguay firmarono a Roma un accordo di emigrazione tra i due paesi, con l'obiettivo di aumentarlo e regolamentarloperché il paese era spopolato, ma ricco e con molta possibilità di lavoro e richiesta di  mano d’opera a disposizione in Italia, per coprire un crescente fabbisogno di lavoratori nelle sterminate campagne. Recita una parte dell’accordo: “Il lavoratore deve possedere una condizione fisica sana, buona condotta, professione o mestiere e una certa quantità di risorse economiche necessarie al suo sostentamento, dovendo rimanere per un minimo di trenta mesi nel settore del lavoro per cui era stato ammesso”.                                                            

I lavoratori italiani avevano gli stessi diritti degli uruguaiani e il governo uruguaiano si prendeva cura del loro alloggio e dei pasti fino a quindici giorni dopo lo sbarco nel porto di Montevideo. Secondo Oddone “ll periodo tra il 1930 e il 1955 é come una fase di immigrazione tardiva". Alla fine della seconda guerra mondiale, cominciarono a giungere in Uruguay molti immigrati qualificati, soprattutto dalla Sicilia e dalla Calabria. Il grande cambio avvenne negli anni '60 quando il flusso migratorio si interruppe e l'Uruguay passò da Paese di accoglienza a Paese di emigranti.

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