di Renato Balestre
Berlino si arrende al generale Chuikov il 2 maggio del 1945. La vittoria costa ai sovietici altri 80.000 morti e 280.000 feriti.
A Chuikov, l’eroe di Stalingrado, il destino riservò una ricompensa speciale. Non fu tanto la nomina a comandante in capo, che gli venne conferita a tempo debito, quanto lo svolgimento di un compito speciale il I° maggio 1945. Fu appunto Chuikov, esperto di combattimenti nelle strade, con la sua VIII armata Guardie (la vecchia LXII armata delle battaglie sul Volga) ad effettuare l’ultima avanzata in Berlino.
E quel giorno egli ricevette la visita del generale Krebs, che con altri tre ufficiali era uscito dal bunker con una bandiera bianca per trattare la resa.
Krebs, che conosceva alcuni russi e che ad un certo punto della sua carriera era stato abbracciato da Stalin, era « un tipo mellifluo, accomodante ». Così, con una sfrontatezza quasi incredibile, cercò di parlare a Chuikov da pari a pari, iniziando la conversazione con una frase generica:
« Oggi è il i° maggio, una gran festa per le nostre due nazioni... »
Con 25 milioni di russi morti, metà del suo paese devastato, e con le nuove prove, che ogni giorno venivano alla luce, della barbarie con cui i tedeschi avevano trattato prigionieri e civili sovietici, la risposta di Chuikov fu un modello di controllo, una perenne testimonianza della freddezza e della causticità di quest’uomo straordinario. Egli disse:
« Per noi è una grande festa oggi. Come vadano le cose per voi, è più diffìcile a dirsi. »